www.26lettere.it Scritto da Simone Nardone |
Domenica 15 Dicembre 2013 16:23 |
Che il Porcellum fosse una “porcata” non c’erano dubbi, non fosse altro perché a definirla tale fu proprio l’allora ministro Calderoli che la legge aveva redatto. Sull’incostituzionalità espressa dalla Consulta, però, quanto meno sorgono dei dubbi.
Dubbi che in primo luogo, al contrario di quanto ha detto il Capo dello Stato e la stessa Corte Costituzionale delegittimano, almeno nello spessore istituzionale, i membri del Parlamento che tra l’altro sono gli stessi chiamati a scrivere il nuovo sistema per l’elezione di Camera e Senato. |
martedì 17 dicembre 2013
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venerdì 6 dicembre 2013
Scompare un simbolo, il mondo si commuove
www.26lettere.it Venerdì 06 Dicembre 2013 13:08 |
“Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso”. E che sognatore era Nelson Mandela.
Talmente sognatore che lo potremmo quasi definire un pazzo, un folle. Un uomo che pensava si potesse stravolgere la legge, la cultura, la storia di un Paese, il Sud Africa e di gran parte del mondo. Un uomo che ha avuto la presunzione - se così si può chiamare - di dire che l’apartheid, la separazione razziale non poteva funzionare, perché una società senza giustizia sociale non poteva essere considerata società. |
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martedì 3 dicembre 2013
22/11/'63. Oggi, cinquant'anni fa
da www.26lettere.it Scritto da Simone Nardone |
Venerdì 22 Novembre 2013 16:56 |
Cinquant’anni. Quando la storia invecchia e non se ne accorge. Come si può dimenticare quel 22 novembre del 1963.
La storia lì a Dallas è cambiata, senza ombra di dubbio. L’uccisione di Kennedy ha segnato uno spartiacque nel XX secolo. Gli Stati Uniti d’America hanno cambiato volto, ma non solo. Difficile sapere come sarebbe stato iniziare il XXI secolo se poco dopo la metà del secolo precedente Lee Ostwald non avrebbe premuto il grilletto. |
mercoledì 20 novembre 2013
Il Punto - 19/11/2013
Il clima continua a dirci che non ci stiamo capendo nulla. Che la Terra và a rotoli e c'è chi nel mondo si interroga se è giusto portare un velo o chi invece si attacca alle beghe di qualche sceicco occidentale. Nel frattempo sembra iniziato con tempi dilatati il trailer di "The day after tomorrow". Il clima lo modifichiamo con i nostri inquinamenti e lui si ribella con cicloni, uragani, tornadi e quant'altro. Le persone ci rimettono la pelle. Oggi sono della Sardegna, ieri erano statunitensi, la settimana scorsa filippine, il punto è che non sai mai se domani tocca al tuo territorio, alla tua casa, alla tua famiglia. E il problema è che non ci si può fare niente. Anzi, non si vuole fare niente, e noi umili cittadini possiamo poco, troppo poco rispetto ai governanti e stiamo affacciati alla finestra a guardare la vendetta della natura.
martedì 19 novembre 2013
Ospedale, un problema di tutti...e di nessuno
www.26lettere.it
10 novembre 2013
Incredibile come a Fondi i principali temi sociali e il dibattito politico vertano sempre sugli stessi argomenti oramai da decenni. Qualche settimana fa, alla presentazione di un libro storico lo stesso sindaco faceva riferimento al fatto che sul tavolo si ritrova gli stessi argomenti irrisolti degli anni ’60 e tra questi l’ospedale San Giovanni di Dio.
Della serie: è cambiata sede, sono cambiati gli attori politici e gli assetti istituzionali ma si parla sempre delle stesse cose. Così, mentre le varie fazioni politiche si arroccano su posizioni di sfida accusandosi a vicenda di spot elettorali da una parte e di incapacità istituzionale dall’altra, ai cittadini non rimane che leggere le pagine dei giornali e capire – permettetemi il detto – “di che morte bisogna morire”.
Già, perché la verità non è solo che il problema dell’ipotetica chiusura rimane, ma che soprattutto nel frattempo l'ospedale viene depotenziato. I tagli alla sanità dalla politica regionale arrivano come una mannaia impietosa ad ogni nuovo documento in materia. I vari dirigenti e politici a livello provinciale e regionale ragionano su Roma, e quando arrivano alla geografia sanitaria del sud pontino vanno oltre guardando a Formia e Terracina e di Fondi come sempre ci si dimentica. Come non si tiene a mente il bacino di persone, che serve il San Giovanni di Dio: da Fondi a Monte San Biagio, passando per Lenola, Campodimele, Sperlonga e Itri. Un dettaglio, se così possiamo chiamarlo, che ne fa per forza di cose “una questione di tutti”.
Così mentre c’è chi inveisce contro Zingaretti ora, come la Polverini prima, o ancor più indietro contro Marrazzo o addirittura Storace, a Fondi i cittadini si mobilitano. Vedi le raccolte firme, il volantinaggio o le assemblee civiche, qualora strumentali altre volte costruttive, ma alla fine si dipende sempre e comunque dagli altri.
Ma se nessuna parte politica, di destra, di sinistra o di centro riesce a risolvere il problema, anzi, in qualche caso del passato ha forse finito per ampliarlo, beh, a quel punto viene davvero qualunquisticamente da dire che l’ospedale di Fondi è di interesse di nessuno. Anzi, si spera, perché se qualcuno ci ha messo la faccia, forse dovrebbe averla già persa.
Alla fine dei conti, malgrado un saggio e profondo proverbio africano reciti che “il mondo non lo abbiamo in eredità dai nostri padri ma in prestito dai nostri figli”, a noi semplici cittadini non rimane egoisticamente che sperare che tra trenta o quarant’anni il futuro sindaco di Fondi parli alla città, ricordando i primi anni del XXI secolo, accusando che sul tavolo ci saranno gli stessi temi, tra cui quelli del San Giovanni di Dio. Dopo tutto la politica insegna che quando non si riesce ad avere il troppo, è meglio aggrapparsi a quel poco che si ha.
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venerdì 15 novembre 2013
Il Punto - 15/11/2013
La notizia dell'affidamento ad una coppia gay di Bologna di una bambina di 3 anni ha fatto dapprima il giro del web e poi quello di tutti i media. Personalmente parlando da cattolico convinto, ho da sempre espresso le mie perplessità sui matrimoni gay. Perplessità affermate, comunque, da uno che non ritiene di essere il depositario di nessuna verità e che al contrario, mi fa affermare che sarei comunque felice si aprisse a riguardo un confronto costruttivo, magari in grado di scaturire in una normativa capaci di conciliare realtà diverse presenti nella nostra società.
Il punto sconcertante è che per l'ennesima volta ci rendiamo conto che al contrario di quello che mette in evidenza la notizia, le persone omosessuali, nel nostro paese non hanno diritti. E' questa la cosa grave. Qua non parliamo dei doveri ma dei diritti. Perché per lo Stato non sono una famiglia, ma a quanto pare, secondo "l'elasticità" di una legge possono esercitare dei "doveri" verso qualcun'altro (vedi la bambina di 3 anni), senza neppure avere i diritti di essere riconosciuti "conviventi", "imparentati", "compagni". E' il paradosso di un Paese che non solo non ha certezza della pena, ma non ha neppure la certezza dei diritti.
E' vero è un affidamento e non un'adozione, ma bisogna regolamentare la normativa, non si possono fare le leggi che siano "elastiche", lasciando la discrezione di chi le applica. Io personalmente nutro dei dubbi - che attenzione - non sono pregiudizi. Ma sui diritti civili chiedo semplicemente che il legislatore prenda delle decisioni, anche forti sia in un senso che in un altro. Possiamo indignarci, stando da una parte o pensandola nel modo diverso, ma comunque su temi come questi abbiamo bisogno di certezze.
mercoledì 6 novembre 2013
L. Elettorale, cambiarla? No, modificarla
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4 novembre 2013
In un periodo in cui il tema della riforma elettorale è tornato di moda se ne sentono di tutti i colori. In questo contesto la polemica è tra chi vuole un sistema più maggioritario, e chi invece preservando la premessa della governabilità tra gli obiettivi, lavora ad individuare un sistema proporzionale capace di consolidare un sistema politico già in precarie condizioni.
In pochi, però, pensano ad una modifica della legge 270 del 2005, che per ovvi motivi di semplicità chiameremo proposta di legge 270 bis. Questo innanzi tutto, perché anche migliorando sostanzialmente la legge elettorale vigente, difficilmente si riuscirebbe a togliere di dosso all’attuale sistema elettorale il vestito del Porcellum. Eppure l’idea con cui si dovrebbe ragionare è proprio quella di non demonizzare il sistema elettorale vigente, ma lavorare per poterlo migliorare e garantire un'applicazione più dignitosa di quelle del 2006 e del 2013.
Pertanto sulla base della proposta di legge 270 del 2005, si è provveduto a lavorare per improntare un ipotetico sistema capace di migliorarsi. Anche perché è da dare atto al Porcellum che comunque nel corso delle sue tre esperienze elettorali ha prodotto dei risultati. Risultati che in molti non considerano proprio sulla base di altri effetti ipotetici o certi che la stessa legge 270 ha creato parallelamente a quanto appena affermato. Malgrado ciò bisogna sostanzialmente ammettere che quando dalle urne escono dei risultati elettorali definibili come “casi limite”, come quelli emersi nel 2006 e nel 2013, è difficile pensare di costruire un sistema elettorale in grado di definire “per forza” una maggioranza all’indomani del voto.
Pertanto una modifica di un sistema proporzionale – andando comunque a ritoccare quei correttivi come premi di maggioranze e sbarramenti - forse avrebbe cambiato, senza stravolgere i risultati, gli equilibri e le maggioranze. Il condizionale è d’obbligo, ma una lente d’ingrandimento su tutto questo ce l’abbiamo grazie alla simulazione sulle elezioni 2006, 2008 e 2013 con la legge 270 bis.
Il risultato, come si può osservare dall’analisi completa, è semplicemente speculare alle esperienze elettorali degli ultimi sette anni, ma il dubbio su come si sarebbero comportati partiti, coalizioni e elettori è lasciato all’ipotesi fantasiosa di esperti e lettori o della supposizione azzardata della ricerca stessa.
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lunedì 4 novembre 2013
Il Punto - 03/11/2013
Sono un paio di giorni che ragiono e mi interrogo sul Caso Cancellieri. Dimissioni, no dimissioni, competenza o abuso di potere. Mi sono interrogato, e mi sono informato. Alla fine dei conti, da un punto di vista legale, da quanto ho appreso, pare non sia stata trasgredita alcuna norma. Dunque, il problema, è solo etico. È giusta o normale una cosa del genere? Stando a quello che dicono i più sì. Come dice lo stesso ministro: "non ho fatto nulla di cui vergognarmi o che non era nelle mie competenze". Allora perché dimettersi?
Poi ho cambiato quesito, per sciogliere l`iterrogativo: all`estero cosa sarebbe accaduto? DIMISSIONI, perché a perdere sarebbe stata la dignità di un ministro, dunque di un`istituzione. Ed ecco la risposta, le dimissioni come segno sobrietà e chiarimento!
mercoledì 30 ottobre 2013
"Legge 270 bis" - Proposta di modifica della normativa elettorale
Si è tornato a parlare in modo dirompente di riforma elettorale.
Senza entrare nei dettagli di posizioni politiche e partitiche tra chi vuole un sistema più maggioritario, preservando la premessa della governabilità tra gli obiettivi, e chi invece, lavora ad individuare un sistema proporzionale capace di consolidare un sistema politico già in precarie condizioni, non potevo non prendere posizione.
L'idea di massima è di non demonizzare il sistema elettorale vigente, ma lavorare per poterlo migliorare e garantire un'applicazione più dignitosa di quelle del 2006 e del 2013.
Pertanto sulla base della legge 270 del 2005, si è provveduto a lavorare per improntare un sistema capace di migliorarsi.
Un sistema, però non è pienamente valutabile fin quando non è applicabile. Siccome non abbiamo la possibilità di applicarlo ad elezioni da svolgere, ci siamo limitati a simulare i risultati che avrebbe prodotto nelle elezioni 2006, 2008 e 2013.
Per farsi un'idea completa su ciò di cui stiamo parlando si invitano i lettori a leggere i due documenti citati.
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lunedì 28 ottobre 2013
Il Punto - 28/10/2013
Sono
seccato dal dibattito mediatico e politico sulla riforma elettorale. C’è chi
vuole preservare il Porcellum, chi dice “mai più con il proporzionale”, chi è
apertamente per il maggioritario, chi preme per una riforma tanto per
modificare quella attuale, salvo poi stigmatizzare che non è importante sia
fatta bene; della serie “peggio di questa è difficile”. E ci può anche stare.
Ma si può mai tornare al maggioritario? Si può mai fare l’ennesima inversione a
U, rivoluzionare nuovamente il panorama politico e il sistema partitico? Roba
da addetti ai lavori? Probabilmente sì, ma siccome si tratta di “una regola del
gioco” e le regole di solito interessano tutti, sarebbe il caso ce ne
interessassimo un po’ tutti
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giovedì 24 ottobre 2013
Il falco diventato colomba
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23 ottobre 2013
Deve essere arrivato nella vita politica del senatore Claudio Fazzone quel punto di rottura che di arriva in quasi tutte le carriere degli esponenti politici nazionali.
Il senatore fondano, da sempre limpido e chiaro nella linea politica da seguire, berlusconiano convinto, forte del negazionismo sull’evento mediatico del “caso Fondi”, moderato nei temi ma audace nei toni, negli ultimi tempi, o se vogliamo negli ultimi giorni, ha sterzato verso un cambio di rotta e di linea politica.
Prima la designazione, se vogliamo dai tratti spiazzanti, in seno alla commissione parlamentare antimafia. A seguire le polemiche politiche su questa nomina, che ne hanno riacceso la medianicità nazionale, di quello che nel bene o nel male, tutti – ma proprio tutti i media – hanno ritratto come ilpolitico più potente della provincia di Latina.
E poi la svolta. Il falco che diventa colomba. Proprio così, uno dei più grandi fedelissimi berlusconiani che improvvisamente – agli occhi dei più – sceglie la linea morbida, quella dei “lealisti” a Letta, o per come hanno voluto chiamarsi, degli “innovatori”.
Così arriva la firma di Claudio Fazzone nella nota a sostegno della posizione di Quagliariello, Formigoni e gli altri che minacciano la conta, forti di quei 24 senatori (l’esponente fondano compreso) che anche se Berlusconi imponesse la crisi, loro sosterrebbero il governo.
Certo, per chi segue la politica nazionale che si interseca con quella locale, ricorderà che tempi addietro l’esponente del Pdl aveva dapprima iniziato a seguire una linea più morbida, iniziando a presentare interventi, mozioni e proposte di legge firmando con l’ex ministro Pisanu, che come si ricorderà non era proprio un berlusconiano. Ma Fazzone era andato oltre, mettendo il suo nome accanto all’ex titolare del ministero degli interni nel documento definito dei “frondisti” nel maggio del 2012.
Tutti elementi da non considerare scollegati tra loro, ma che al contrario tracciano una bella linea retta sulla posizione del senatore fondano che così facendo, checché se ne dica, è rimbalzato su testate nazionali, finendo addirittura due volte in prima serata grazie a Maurizio Crozza, che nel “Paese delle Meraviglie” del 18 ottobre in onda su La7 l’ha tirato in ballo per la designazione in commissione antimafia e nella copertina di “Ballarò” del 22 ottobre l’ha citato per il sostegno a Quagliariello.
Della serie “l’importante è che se ne parli”, perché la comunicazione politica funziona anche così. Dopo tutto, che sia falco o colomba, ai sostenitori poco importa, quel che importa è che sappia spiccare nuovamente il volo, chissà in quali cieli e verso quali lidi.
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Fazzone all'antimafia, Crozza ci fa satira politica
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19 ottobre 2013
La faccenda Fazzone in commissione parlamentare antimafia arriva anche nella satira politica nazionale. A portarla a La7 il comico genovese Maurizio Crozza, nella prima puntata del suo show in prima serata.
“Noi siamo il paese delle persone sbagliate. O meglio noi riusciamo sempre a mettere le persone sbagliate nel posto sbagliato. Saremmo capaci di mettere un bracconiere alla protezione animali o il capitano Acab a capo di green peace. Ora esagero, saremmo capaci di mettere in commissione antimafia che indaga su Mancino l’ex autista di Mancino”. Così esordisce a ventiquattro minuti dall’inizio della prima puntata del suo show “Il paese delle Meraviglie” in onda su La7 ieri sera (18 ottobre), il comico Maurizio Crozza, mentre dietro di lui, sul palcoscenico appare la fotografia delsenatore del Pdl Claudio Fazzone.
“Nel 2008 il Fazzone – prosegue Crozza indicando il politico fondano – si era opposto con tutte le sue forze allo scioglimento per mafia del Comune di Fondi in Provincia di Latina. Aveva dichiarato ‘è solo un complotto politico e mediatico’. Infatti nel 2011 a Fondi ne hanno condannati in 33. Per un complotto politico e mediatico che per farla breve i giudici l’hanno chiamata mafia”.
“Fazzone ha fiuto per la mafia” conclude il minuto e mezzo di intervento sull’esponente pidiellino, il comico genovese lanciando un paradossale paragone investigativo per concludere il tutto con una battuta sul nucleare di Fukushima e strappare la risata del pubblico.
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Antimafia, la nomina di Fazzone rimbalza sulle testate nazionali
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12 ottobre 2013
Polemiche ovunque per la composizione, arrivata tra l’altro dopo addirittura sette mesi di travaglio, della commissione bicamerale antimafia.
Diversi i deputati e senatori nell’occhio del ciclone creato dall’opinione pubblica. Tra questi spicca anche il senatore fondano del Pdl Claudio Fazzone. Al di là delle parole della stampa locale a mettere la lente d’ingrandimento sul segretario provinciale del partito di Berlusconi sono stati già diverse testate giornalistiche. Il Fatto Quotidiano è stato il primo a riservare addirittura un editoriale, già nella giornata di ieri appena si è diffusa la notizia della designazione, in cui si ripercorre la carriera politica del più celebre “Claudio” fondano mettendo in evidenza il “non scioglimento” del consiglio comunale di Fondi e le indagini sul presunto abuso di ufficio per le lettere di raccomandazione alla Asl di Latina quando era presidente del Consiglio regionale del Lazio. Il pezzo, a firma di Andrea Palladino è titolato “Antimafia, Fazzone: l’ex autista di Mancino che non voleva far sciogliere Fondi”, mettendo proprio in evidenza come il politico più potente della provincia di Latina al di là delle ombre rimaste a seguito della battaglia politica sulla commissione d’accesso a Fondi “è arrivata per Fazzone una nomina di peso, all’interno della commissione che si occuperà di dossier delicatissimi. Come la trattativa Stato-Mafia, che vede imputato quello stesso Mancino che ha conosciuto all’inizio della sua carriera”.
Anche l’Espresso, però, è intervenuto sulla notizia citando Fazzone nell’articolo “Antimafia, i nomi che non ti aspetti”, nel quale Giovanni Tizian e Nello Trocchia hanno messo la lente d’ingrandimento su sette designazioni ritenute “particolari”. Tra queste un punto è stato riservato al politico pontino, di cui si legge nell’articolo: “Si è battuto come un leone contro lo scioglimento per condizionamento mafioso del comune di Fondi, assecondato dall'allora governo Berlusconi che decise di salvare l'ente locale nonostante fossero provate le infiltrazioni criminali. In ogni sede, anche giudiziaria, ha retto l'impianto accusatorio, la mafia a Fondi c'era, Fazzone parlava, invece, di complotto politico e mediatico – per proseguire con la pesante sottolineatura – nella relazione, redatta dal prefetto Bruno Frattasi, spuntava anche il nome del senatore, ora commissario antimafia”.
Quasi non pervenute, invece, le polemiche politiche locali. Nessuna nota ufficiale da parte di partiti e gruppi consiliari. L’unico che ha commentato pubblicamente la nomina è stato ilconsigliere comunale del Pd di Fondi Bruno Fiore, che attraverso il proprio profilo Facebook, ieri commentando le nomine di Fazzone e Moscardelli ha lanciato una sferzata all’esponente del Pdl “A Claudio Fazzone mi verrebbe di chiedere: come farà a combattere le mafie se ha sempre negato l'esistenza delle stesse nella nostra Provincia?”
A fare compagnia al senatore fondano, oltre al collega del Pd Claudio Moscardelli, anche Angelo Attaguile, Rosy Bindi, Luisa Bossa, Maria Rosaria Carfagna, Fabiana Dadone, Marco Di Lello, Francesco D'Uva, Davide Faraone, Claudio Fava, Laura Garavini, Antonio Leone, Massimiliano Manfredi, Davide Mattiello, Alessandro Naccarato, Riccardo Nuti, Pina Picierno, Carlo Sarro, Giulia Sarti, Marcello Taglialatela, Andrea Vecchio, Paolo Vitelli, Donatella Albano, Giovanni Bilardi, Anna Cinzia Bonfrisco, Donato Bruno, Enrico Buemi, Elisa Bulgarelli, Rosaria Capacchione, Peppe De Cristofaro, Salvatore Tito Di Maggio, Stefano Esposito, Luigi Gaetti, Mario Michele Giarrusso, Carlo Giovanardi, Miguel Gotor, Giuseppe Lumia, Corradino Mineo, Franco Mirabelli, Francesco Molinari, Luigi Perrone, Lucrezia Ricchiuti, Salvatore Torrisi, Stefano Vaccari, Raffaele Volpi, Dorina Bianchi, Vincenza Bruno Bossio, Ernesto Magorno, Rosanna Scopelliti, Francesco Molinari e Giovanni Bilardi.
Martedì, la prima riunione della commissione in cui dovrebbero dividersi le cariche interne. La presidenza dovrebbe toccare alla quota Pd, in testa sembra esserci Rosy Bindi. Per i due senatori della Provincia di Latina non dovrebbero esserci – il condizionale è d’obbligo – incarichi particolari.
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Fazzone e Moscardelli nominati membri della commissione parlamentare antimafia
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11 ottobre 2013
Parla pontino la nuova commissione parlamentare antimafia. Dopo otto mesi dalle elezioni politiche, il Parlamento ha deciso di designare i componenti di una delle più prestigiose e delicate commissioni bicamerali. A comporla tra gli altri, il potente senatore fondano del Pdl Claudio Fazzone e il collega di Latina del Pd Claudio Moscardelli.
Dopo le pressanti posizioni di diversi parlamentari che avevano chiesto con insistenza nei giorni scorsi, un’accelerata sulla designazione per far sì che la commissione potesse iniziare a lavorare, oggi pomeriggio sono arrivati i nomi dei componenti. Ancora nessuna nota ufficiale dai due rami del Parlamento sull’esatta composizione della bicamerale, ma in molti, tra gruppi parlamentari e singoli deputati e senatori hanno ufficializzato la loro designazione. Tra questi spiccano i due senatori pontini: Claudio Moscardelli del (Pd) e Claudio Fazzone (Pdl).
Martedì prossimo, 15 ottobre, la prima riunione della commissione, nella quale si capirà anche se i due, rimarranno semplici appartenenti alla commissione o se verranno sponsorizzati dai propri gruppi per qualche ruolo particolare.
L’evento di quest’oggi che vede la presenza di due senatori pontini di due schieramenti diversi nella nuova commissione antimafia mette sicuramente in evidenza come anche Pd e Pdl ritengano che il problema delle mafie nel sud pontino è un fenomeno da studiare e affrontare anche con coloro che hanno anche il proprio bacino elettorale nel basso Lazio.
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sabato 12 ottobre 2013
L'Italia cambi verso
L’Italia potrebbe
cambiare verso. Di
sicuro le primarie per la segreteria del Pd sono il punto di non ritorno di un partito in primis e di una classe dirigente in secundis. Perché le cinque candidature
annunciate siamo ad una vera svolta rinnovatrice nel Pd. Cuperlo più di ogni
altro rappresenta le idee della vecchia classe dirigente, Pittella l’outsider
che tale dovrebbe rimanere, e poi ci sono loro due: Matteo Renzi e Pippo
Civati. Il primo, il grande favorito, il secondo lo sfidante, quello che un
tempo gli era amico – anche politicamente
parlando – e ora lo sfida perché lo sconfessa.
Ma
in cosa si sconfessa Renzi? Perché sinceramente non capisco:
- ha perso
le primarie lo scorso autunno e si è messo a disposizione facendo campagna
elettorale accanto a Bersani;
- quando il
centrosinistra non ha vinto le elezioni, ha invitato i dirigenti a fare
un’analisi sulle responsabilità oggettive;
- ha detto
che Marini forse non era la persona giusta per fare il Presidente della
Repubblica e il suo partito, il Pd ha deciso di votarlo uguale innescando la
vergogna dell’elezione presidenziale;
- non ha
“trombato” Prodi, al contrario delle accuse, lo stesso Professore in una delle
ultime interviste ha dichiarato che da alcune dichiarazioni ha dedotto che il
“fuoco amico” è arrivato dai d’alemiani;
- ha sempre
detto di essere contro le larghe intese, ma giustamente ha spiegato, che a
seguito delle elezioni, è inutile rivotare, poiché il risultato sarebbe lo
stesso, quindi, meglio una stabilità al paese.
Poi si può
contestare lo stile. Ma non posso
sopportare chi contesta a Matteo che gli slogan e il liberismo non sono di
sinistra, in un paese dove di sinistra non è rimasta neppure la parola stessa “sinistra”
che è stata amputata proprio da chi si diceva di questo schieramento.
Gli slogan
non sono di destra o di sinistra, sono uno strumento. Il liberismo non è né di
sinistra né i destra, è una strada politica in materia di sviluppo economico.
Sono di
sinistra i diritti, quei diritti che in Italia spesso non vengono garantiti. E’
di sinistra fare le cose secondo il giusto, secondo legge, secondo equità, è di sinistra dare speranza.
Pensiamo a cosa è, e non a cosa non è.
Io
personalmente vedo il nostro paese come è oggi e come potrebbe diventare e non
mi piace, per quello voglio che L’ITALIA
CAMBI VERSO. E come può farlo se non con MATTEO RENZI?!
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venerdì 11 ottobre 2013
Il Punto - 11/10/2013
Alitalia sì, Alitalia no. E’ una mia sensazione o siamo in un deja vù? Me lo domando perché sento
parlare di “svuota carceri”, come era nel 2007 e ora di “salvare” la compagnia di bandiera dalle tenaglie di Air France. Ma
ci conviene? Ce lo domandiamo? Certo, evitiamo i tagli della compagnia francese
che provocherebbero un problema sociale per varie famiglie, ma come si fa a
pensare che devono essere le Poste Italiane a salvare Alitalia? Tra l’altro con
il coraggio di dire che così si evita l’intervento pubblico. Diretto semmai.
Non prendiamoci in giro, è comunque lo Stato, quindi i contribuenti che si
mettono le mani in tasca per tentare nella difficile se non folle prerogativa
di salvare la compagnia di bandiera. Il mondo si evolve, cambia, a volte
sbaglia, ma cambia. Noi? Beh noi ci manteniamo sullo stazionario, non
risolviamo i problemi per riproporceli a distanza di cinque sei anni, giusto
per avere l’illusione di essere più pronti al secondo tentativo.
mercoledì 9 ottobre 2013
Il Punto - 09/10/2013
Indulto?
Aministia? Più che altro parliamo di follia! Apprezzo l’interessamento
del Presidente della Repubblica per il tema del sovraffollamento delle carceri, ma a me hanno insegnato che spesso
la soluzione non è quella più semplice. Già, perché malgrado la mia giovane età
ricordo quell’ultimo “condono”
giudiziario a firma Napolitano-Mastella, giustificato come una soluzione
momentanea per risolvere il problema nel lungo periodo. Sono passati sei anni,
dico SEI e risponsorizzare la stessa cosa mi
sembra una presa per i fondelli per tutti i cittadini italiani. “Mai più nessun condono di alcun genere”,
tuonavano in molti mesi addietro in campagna elettorale e nel governo Monti.
Scusate, come definireste amnistie e indulti voi? Poi…avete mai provato a fare
un esame che parli di questi “provvedimenti eccezionali”? Bene
riformattiamo la definizione allora, perché a me sembrano abitudinari, da noi. Infine dal mio dente avvelenato sulla
questione permettetemi un’osservazione: se
abbiamo un esubero di pazienti che facciamo? Penso e spero che troviamo il modo
di costruire nuovi ospedali o almeno curarli in altre strutture, voglio sperare
che non decidiamo di farli uscire per assenza di posti letto. Lì morirebbe il
paziente, qui forse va in coma la democrazia.
domenica 6 ottobre 2013
Cose dell'altro mondo
www.26lettere.it Scritto da Simone Nardone |
Domenica 06 Ottobre 2013 20:49 |
L’altro giorno un asteroide di consistenza e dimensioni ‘interessanti’ ha quasi sfiorato la Terra nell’indifferenza collettiva, anche perché nessuno sapeva che stava transitando. Proprio l’altra notte, rientrando a casa mentre ascoltavo questa notizia in diretta alla radio, mi veniva in mente una delle più belle saghe di fantascienza “Men in Black”, dove Will Smith e Tommy Lee Jones si impegnavano a combattere guerre interstellari o attacchi alieni che possano annientare il nostro pianeta.
In questo scenario metà vero e metà filmografico immaginavo se per assurdo della vita intelligente, o quelli che nell’immaginario collettivo sono i comuni extraterrestri, magari attraccati sulla Luna o al confine del Sistema Solare, scommettessero sull’impatto o meno. E come si fa durante la scommessa si interessassero alla gara sulla quale avevano investito.
In questo immaginario magari osservavano il paese più potente del mondo che non poteva pagare una buona fetta dei dipendenti pubblici perché due gruppi di uomini capitanati da due leader dal colore della pelle diverso tra loro litigavano se era giusto o meno non far pagare il diritto alla salute. Fantastico.
Oppure qualche migliaio di chilometri oltre oceano notavano come degli uomini a pescare non potessero aiutare altri scuri di pelle e di altra nazionalità che stavano affogando perché una legge gli impediva di non farlo. Assurdo.
E più a sud, invece, dovevano osservare quei due occidentali linciati perché accusati di trafficare organi umani di un altro popolo. Tremendo.
Insomma, cose dell’altro mondo!
*riproduzione riservata* |
Il Punto - 06/20/2013
Leggi,
purtroppo o per fortuna, vanno rispettate in tal caso applicate anche quando
sono assurde. Come è assurdo indagare i superstiti di una tragedia per reato di
immigrazione clandestina. Ma non si può non accusare una legge vergognosa come
questa. L’Europa deve prendere una posizione chiara, limpida e possibilmente
anche severa. Ma la severità non può imporre la vergogna di una legge, la “Bossi-Fini”
che mai come nella tragedia di Lampedusa mostra tutti i suoi limiti. Nessuno
probabilmente ha la ricetta della legge “giusta”,
ma il popolo ha il diritto di protestare, la magistratura di operare e allo
stesso tempo di farlo notare e la politica di trovare le soluzioni. In poche
parole serve un paese che funzioni normalmente, in contenitore Europa che si comporti
di conseguenza.
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sabato 5 ottobre 2013
Il Punto - 05/10/2013
“Decadenza”,
in diritto, consiste nella preclusione dell'esercizio del diritto da parte del
titolare. Per noi
comuni mortali, un nuovo termine di uso tecnico che la politica e i media ci hanno portato a incontrare negli ultimi tempi. Eppur decade verrebbe da
dire. Perché il voto ieri della Giunta del Senato ha segnato la decadenza da
senatore di Berlusconi. Atto vile? Giustizialista? Una maggioranza politica che
vuole invertire un consenso popolare? Più semplicemente un voto che in un altro
paese si sarebbe chiamato di ratifica ad un dato di fatto. Ma siamo in Italia…si
sa…
venerdì 4 ottobre 2013
Il Punto - 04/10/2013
Guardavo
le immagini ieri del mare. Quel luogo di svago e vacanze per molti. Di morte e
dramma per troppi altri. Pensavo a Lampedusa, al sindaco in prima persona, ma
anche alla gente, ai pescatori, ai volontari e agli uomini della Guardia
Costiera. Pensavo al limite dell’Europa, a quello della legislazione italiana.
Credo che in fondo siamo tutti un po’ responsabili dell’indifferenza,
irresponsabili nella morte. Oggi è giornata di lutto, di lutto nazionale. E in
questo stato di malessere e tristezza nel cuore rilancio una bell’idea nata in
rete: sponsorizziamo Lampedusa Nobel per la pace!
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giovedì 3 ottobre 2013
L'arrocco
www.26lettere.it
Scritto da Simone Nardone |
Mercoledì 02 Ottobre 2013 |
Se quest’editoriale lo avessimo pubblicato ieri sera (1 ottobre) o stamattina il titolo sarebbe stato semplice: “Il re è stato destituito”, o meglio “il re sta cadendo”. Ma come dice Trapattoni “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. E Berlusconi, come un vero felino, di vite ne ha tante e, al di là di quello che dicono in molti, forse ancora non è arrivato a giocarsi la settima.
Effettivamente, oggi il leader incontrastato del centrodestra italiano da un ventennio ha perso un’importante battaglia politica, ma non ha ancora consegnato le armi, né tanto meno è ko. Certo, il governo Letta ha la fiducia, al contrario di quanto lui auspicava e forse potrebbe sopravvivere anche in caso il Pdl berlusconiano togliesse l’appoggio all’esecutivo. Per di più è ineleggibile, ma non è “morto”politicamente e quindi forse è il caso che i suoi avversari politici stiano ben attenti.
Tutti si aspettavano il “giorno del giudizio”, il “B day”, con i numeri che per qualche voto fossero dalla sua o contro di lui, invece niente. Alla fine dei conti, questi quattro giorni e in modo particolare oggi potrebbero essere sintetizzati come una grande, grandissima figuraccia politica personale e di livello internazionale, ma nulla più di questo.
L’unico dato politico degno di nota è che il Pdl e il centrodestra in generale (Lega esclusa) per la prima volta dopo quasi vent’anni, riscontrano la possibilità che possa essere messo sotto scacco il“re”. Per gli amanti del celebre gioco da tavolo, potremmo dire che si è difeso in extremis con un“arrocco”, una mossa estrema per evitare di perdere la partita. Analizzando la questione in termine più “aziendale”, invece, come anche il protagonista gradirebbe, potremmo semplificare che fino a sabato Berlusconi era ancora convinto di essere il socio unico di una ditta individuale, mentre quest’oggi ha dovuto riscontrare di essere il socio di maggioranza di una “società” (= partito)dove ha seri problemi di libertà di manovra all’interno del consiglio di amministrazione.
*riproduzione riservata*
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domenica 29 settembre 2013
Ci risiamo
Pubblicato su www.26lettere.it
Scritto da Simone Nardone |
Domenica 29 Settembre 2013 |
Passano gli anni, spesso cambiano gli attori, ma quel senso di “abbandono”dell’istituzione in Italia regna sovrano, e così ci si ritrova a commentare l’ennesima crisi di Governo.
E’ inutile cercare colpe, tra le pagine dei giornali che giocano ognuno a difendere gli interessi politici e personali di qualcuno o qualcosa. Quel che conta è che manca sempre più quella visione d’insieme. Il senso di collettività e di Bene Comune.L’interesse generale al posto di quello particolare.
Da una parte il centrodestra (fino a ieri governativo), schierato a difesa del non innalzamento delle tasse. “Noi siamo la sentinella anti-tasse del governo” tuonavano fino a qualche giorno fa. Dall’altra il centrosinistra (teoricamente ancor oggi governativo), con l’onere di garantire una governabilità –chissà fino a quale prezzo – e promettere riforme sistemiche in cui non crede neppure il sistema stesso. Già, perché che la barzelletta che il Pdl esce dal governo per il probabile aumento dell’Iva, rimane tale, perché dovranno spiegare ai propri elettori che così facendo non solo s’innalza l’Iva, ma addirittura si rischia il ritorno dell’Imu entro la fine dell’anno. Dall’altra, però, c’è un partito allo sbando alle prese con un teorico congresso che non è stato capace di realizzare nulla di ciò che aveva promesso, neppure mantenere il candidato premier.
In questa fanghiglia politica neppure i Cinque Stelle ne escono rafforzati. Scarsamente visibili politicamente e legislativamente. Allineati – e coperti – sotto il fuoco amico del leader Grillo, pronti a criticare ad alta voce una legge elettorale definita “vergognosa”, ma ben attenti dal tentare di cambiarla per non essere ridimensionati.
E adesso? Molti inneggiano alle urne (con il rischio dello sciopero dell’affluenza). Qualcuno alle larghe intese, altri ad uno tecnico i poveracci ad un colpo di stato. Fantasie politiche a parte, e iter parlamentari e istituzionali permettendo si cercherà di constatare in aula se non esiste una maggioranza. Poi o altro esecutivo con nuova maggioranza, o le urne (magari a inizio 2014).
Nel frattempo non ci resta che osservare come con la Prima Repubblica mandata in soffitta da tempo e la Seconda, teoricamente agli sgoccioli alla fin dei conti le buone usanze degli anni ’70 e ’80 è bene mantenerle, tipo quella dei governi balneari. La domanda successiva è un’altra: siamo pronti a iniziare la tradizione anche di quelli natalizi?
*riproduzione riservata*
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Il suicidio della sinistra
www.26lettere.it
Scritto da Simone Nardone |
Venerdì 20 Settembre 2013 |
Un bellissimo libro edito da Garzanti del 2008 e a firma di Rodolfo Brancoli titolava:“Fine corsa. Le sinistre italiane dal governo al suicidio”.
Nel suo saggio, lo strettissimo e altrettanto poco noto collaboratore di Romano Prodi negli anni di Palazzo Chigi, raccontava l’ultima esperienza dell’esecutivo del professore (dal governo), fino alla caduta di esso, e alla bruciante ma inevitabile sconfitta elettorale del 2008 (al suicidio).
E’ sempre curioso riprendere un libro perché ti dà nelle mani la grandezza di un lavoro fatto in un tempo ben preciso. Pensate se Brancoli prendesse carta e penna e scrivesse il sequel, con ogni probabilità ne uscirebbe fuori un film horror. Perché il collaboratore di Prodi, nonché ex corrispondente di Corriere della Sera e Repubblica parlava di suicidio senza aver visto di cosa era capace l’intera sinistra, con Bersani capofila con la bandiera in mano a trainare tutti verso la lavanderia dei giaguari. Parlava di suicidio senza conoscere la più grande sconfitta politica nel vedere perdere un’elezione già vinta, rompere una coalizione, non essere capace di imporre un Capo dello Stato e soprattutto allearsi con il nemico storico “Berlusconi”.
Così dopo il suicidio c’è l’occultamento di cadavere. Di solito ciò avviene dopo un omicidio, ma siccome quegli strani individui della sinistra, quelli che i bambini non se li mangiavano ma che a furia di sentirselo dire quasi ci hanno creduto, non rendendosi conto del primo suicidio hanno pensato bene di proporsi per altre strategie davvero vincenti che essendo talmente geniali ci fanno essere l’unico grande paese dell’Europa occidentale a non aver visto a capo del governo un esponente politico proveniente dalla tradizione “socialista” o “post comunista”, (parentesi di D’Alema a parte che però non è stato eletto bensì subentrò a Prodi dopo il primo “suicidio” del ‘98).
Perché, Berlusconi a parte, adesso si ricomincia. E poco c’entra se i “giovani turchi” i “rottamatori renziani” o gli Unni di Attila puntino alla scalata del Pd e del centrosinistra, poiché checché se ne dica quell’area politica italiana è morta. E’ morta nella storia, orfana della figura insostituita di Enrico Berlinguer da una parte e di quella irricevibile di Craxi dall’altra. E’ morta, suicidata, uccisa o abbattuta, prima che da Prodi, da Veltroni da Mastella o dai vari attori politici della Seconda Repubblica, dalla caduta del muro di Berlino, quasi che il trasformismo dei partiti potesse mascherare il fallimento ideologico di un ideale.
Eppure, anche se nei detti popolari si afferma che “solo alla morte non c’è rimedio”, in politica c’è sempre l’opzione di resuscitare, cambiando probabilmente registro e attori, ed evitando, se è ancora possibile l’ennesimo inesorabile suicidio.
*riproduzione riservata*
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Il giorno del giudizio
www.26lettere.it
Scritto da Simone Nardone |
Mercoledì 18 Settembre 2013 |
Ci siamo. Anzi, ci risiamo. Oggi (18 settembre), l’Italia si ferma, perché siamo di fronte all’ennesimo “giorno del giudizio”.
Questa sera alle ore 20,30 la giunta per le elezioni e le immunità del Senatosarà chiamata al primo voto sulla decadenza da Palazzo Madama di Silvio Berlusconi.
Il punto non è la questione politica, probabilmente importante, ma non di vitale importanza per i più. L’ennesimo giorno del giudizio ripropone uno dei nodi fondamentali che sono alla base dei problemi dell’Italia di oggi: la questione giustizia. Uno dei tre poteri fondamentali dello stato continua ad essere immerso nel caos immischiato nella non certezza della pena, che spesso frena anche gli investitori stranieri.
La domanda che più semplicemente verrebbe da porsi è: nel paese che istituisce processi mediatici per i furti al supermercato come per l’omicidio seriale, possibile che dopo tre gradi di giudizio abbia ancora bisogno di “giorni del giudizio”?
Qualcuno potrebbe sintetizzare che di fatto la sentenza in Cassazione è un qualcosa di definitivo e che ora si sta parlando di altro, e in effetti a norma di legge è proprio così. Però poi ci ritroviamo all’ennesimo “giorno del giudizio”, l’ennesimo ma non l’ultimo. Indipendentemente da quale sarà il voto stasera in giunta, infatti, ci dovrà essere comunque un’ulteriore voto in aula. Poi sarà la volta della Corte di Strasburgo e questa storia giudiziaria da una parte e politica dall’altra andrà avanti ancora per diverso tempo.
Evidentemente a noi italiani piace essere il paese che ha più anni di processo, gradi e giorni di giudizio che pene da scontare.
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11 Settembre
www.26lettere.it
Scritto da Simone Nardone |
Mercoledì 11 Settembre 2013 13:27 |
Nell’istantanea di quel primo pomeriggio di dodici anni fa, penso che mi manchi solo di ricordare come ero vestito, perché tutto il resto è vivo nella mia mente.
Era il giorno prima del rientro a scuola, e stavo in giro per la città con gli amici in scooter a godermi l’ultimo giorno di libertà dal dovere di alunno. Passando sotto casa di un’amica iniziò a girare una voce strana, ripetuta anche in qualche incontro successivo: “Hai visto, hanno buttato giù una torre gemella a New York. Non si capisce se con un missile o cose del genere”. Neppure un film di fantascienza ci avrebbe consentito di credere a tali affermazioni.
Solo il veloce rientro a casa mi consentì, appena aperta la porta di ingresso, di vedere attraverso l’occhio su Ground Zero delle televisioni mondiali cosa stava accadendo, e il secondo aereo di linea impattare contro la l’altra torre gemella.
Neppure un film era tanto reale, perché non era una pellicola a girare, bensì la vita di migliaia di persone. L’intero mondo guardava sconcertato il cuore di New York raso al suolo. Le emozioni erano un aggrovigliarsi di macabri interrogativi su quel che stava accadendo e la sensazione che la storia era ad un giro di boa. Solo una certezza aleggiava anche nelle ore successive all’attentato, che la vita, per chi quel giorno era lì, sarebbe cambiata per sempre.
In realtà, la vita è cambiata per sempre per tutti noi, e anche se i libri di storia hanno messo nero su bianco quello che è accaduto, lasciando comunque aperte rivisitazioni storiche, per la vicinanza temporale con l’accaduto, sta a noi, raccontare le emozioni, perché solo così si può non dimenticare l’attacco alle torri gemelle, che per molti è semplicemente l’11 settembre.
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Diritti sì, ma a quale prezzo?
Pubblicato su www.26lettere.it
Scritto da Simone Nardone |
Martedì 04 Giugno 2013 15:41 |
“La storia non si ripete, probabilmente ha solo dei tragici punti in comune”. Con questa frase potremmo ricordare, riscoprire la storia del passato e parlare comunque del presente.
Era il 4 giugno del 1989, quando in piazza Tienanmen, studenti, intellettuali e operai cinesi protestavano contro il regime. Il simbolo della lotta alla tirannia, diventava quello che poi fu ribattezzato il “rivoltoso sconosciuto”, che disarmato, come viene ritratto in numerosissime foto che hanno fatto il giro del mondo, si schierava dinanzi ad una colonna di carri armati, pronti a sparare sulla folla.
Passano gli anni, ben quattordici, e della primavera democratica cinese, passiamo alla primavera turca. Altra storia, altra rivolta, altre vittime, e sempre lo stesso problema, lo stesso argomento di discussione: l’abuso di potere.
In un mondo sempre maggiormente globalizzato, spesso il concetto alto e puro di democrazia ha lasciato il posto a quello più efficiente e meno menzionato di “governo dei pochi” o dei potenti. Passata l’attenzione sulle oligarchie ideologizzate politicamente come era riconosciuta alla fine degli anni ’80 quella cinese, viene rilanciata l’accusa ai regimi di religione, con le primavere arabe che diventano spesso estati torride di fuoco e vittime. Il preludio per un brusco autunno democratico e un inverno in tema di rapporti internazionali.
E’ questo che negli ultimi giorni ha portato in piazza in Turchia migliaia di manifestanti, accusatori che il governo di Ankara vuole
“islamizzare” il paese.
A distanza di quattordici anni piazza Tienanmen e piazza Taksim sono lontane davvero di poco nella stessa cornice cromatica delle “fazioni” in campo. Da un lato, una parte del popolo, pronto a manifestare a qualsiasi costo per le libertà moderne e le speranze democratiche, dall’altra la forza dello stato che si manifesta attraverso il braccio armato dell’esercito ieri e della polizia di oggi, che “a qualsiasi costo” deve mantenere salda la situazione.
E mentre il web e le forze moderate, democratiche ed occidentali di tutto il mondo fanno pressione sui propri ministri degli esteri per chiedere posizioni forti contro le violenze di Istambul e non solo, gli uomini delle istituzioni, i giuristi di tutto il mondo si domandano dove finisce la libertà di manifestare e dove inizia quella di “reprimere” per garantire la coesione e la sicurezza, al solo prezzo non trattabile del rispetto dei diritti umani.
Mentre il mondo si interroga, la protesta continua, il sangue sgorga e le risposta non trovate in quattordici lunghi anni si spera vengano scovate ora, nell’unica certezza, che quella protesta che anni fa guardavamo da lontano, ora si è geograficamente, e se vogliamo anche culturalmente, avvicinata a noi.
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