Scritto da Simone Nardone |
Mercoledì 11 Settembre 2013 13:27 |
Nell’istantanea di quel primo pomeriggio di dodici anni fa, penso che mi manchi solo di ricordare come ero vestito, perché tutto il resto è vivo nella mia mente.
Era il giorno prima del rientro a scuola, e stavo in giro per la città con gli amici in scooter a godermi l’ultimo giorno di libertà dal dovere di alunno. Passando sotto casa di un’amica iniziò a girare una voce strana, ripetuta anche in qualche incontro successivo: “Hai visto, hanno buttato giù una torre gemella a New York. Non si capisce se con un missile o cose del genere”. Neppure un film di fantascienza ci avrebbe consentito di credere a tali affermazioni.
Solo il veloce rientro a casa mi consentì, appena aperta la porta di ingresso, di vedere attraverso l’occhio su Ground Zero delle televisioni mondiali cosa stava accadendo, e il secondo aereo di linea impattare contro la l’altra torre gemella.
Neppure un film era tanto reale, perché non era una pellicola a girare, bensì la vita di migliaia di persone. L’intero mondo guardava sconcertato il cuore di New York raso al suolo. Le emozioni erano un aggrovigliarsi di macabri interrogativi su quel che stava accadendo e la sensazione che la storia era ad un giro di boa. Solo una certezza aleggiava anche nelle ore successive all’attentato, che la vita, per chi quel giorno era lì, sarebbe cambiata per sempre.
In realtà, la vita è cambiata per sempre per tutti noi, e anche se i libri di storia hanno messo nero su bianco quello che è accaduto, lasciando comunque aperte rivisitazioni storiche, per la vicinanza temporale con l’accaduto, sta a noi, raccontare le emozioni, perché solo così si può non dimenticare l’attacco alle torri gemelle, che per molti è semplicemente l’11 settembre.
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domenica 29 settembre 2013
11 Settembre
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