venerdì 15 novembre 2013

Il Punto - 15/11/2013

La notizia dell'affidamento ad una coppia gay di Bologna di una bambina di 3 anni ha fatto dapprima il giro del web e poi quello di tutti i media. Personalmente parlando da cattolico convinto, ho da sempre espresso le mie perplessità sui matrimoni gay. Perplessità affermate, comunque, da uno che non ritiene di essere il depositario di nessuna verità e che al contrario, mi fa affermare che sarei comunque felice si aprisse a riguardo un confronto costruttivo, magari in grado di scaturire in una normativa capaci di conciliare realtà diverse presenti nella nostra società. 
Il punto sconcertante è che per l'ennesima volta ci rendiamo conto che al contrario di quello che mette in evidenza la notizia, le persone omosessuali, nel nostro paese non hanno diritti. E' questa la cosa grave. Qua non parliamo dei doveri ma dei diritti. Perché per lo Stato non sono una famiglia, ma a quanto pare, secondo "l'elasticità" di una legge possono esercitare dei "doveri" verso qualcun'altro (vedi la bambina di 3 anni), senza neppure avere i diritti di essere riconosciuti "conviventi", "imparentati", "compagni". E' il paradosso di un Paese che non solo non ha certezza della pena, ma non ha neppure la certezza dei diritti.
E' vero è un affidamento e non un'adozione, ma bisogna regolamentare la normativa, non si possono fare le leggi che siano "elastiche", lasciando la discrezione di chi le applica. Io personalmente nutro dei dubbi - che attenzione - non sono pregiudizi. Ma sui diritti civili chiedo semplicemente che il legislatore prenda delle decisioni, anche forti sia in un senso che in un altro. Possiamo indignarci, stando da una parte o pensandola nel modo diverso, ma comunque su temi come questi abbiamo bisogno di certezze.