lunedì 9 maggio 2016

Un filo

Per Settimana dell'insegnate

Credo ci sia un sottile filo che lega la nostra professione, il nostro essere, con la formazione e con chi ci aiuta a diventare quello che siamo, gli insegnanti. Se devo pensare a me oggi, con le mie insicurezze e i miei successi, con le passioni, il mio essere e il mio scrivere vedo gli anni delle scuole e delle figure che fanno parte di me allo stesso modo di come noi, alunni, diventiamo parte del loro essere insegnanti. 
Ricordo con particolare affetto la mia maestra di italiano delle elementari. Quasi una mamma, dal volto tenero e dal fare giusto, colei che ha messo il seme di quella mia passione nello scrivere. 
Ma quel sottile filo, ha quattro nodi su di se, da non sciogliere, anzi, da accarezzare come si fa con la coroncina di un rosario per non dimenticare quei misteri che avvolgono ogni singolo insegnate. Così, allo stesso modo non posso dimenticare il fare severo, ma dolce, della mia prima professoressa delle medie. Sarà una casualità che l’italiano era la materia che impersonava l’insegnante che più vedevo come affine alle mie peculiarità. In quegli anni ricordo i miei primi giochi con le parole, le rime, le poesie, il riconoscere la nostra lingua per quello che è, un qualcosa di incredibilmente esaltante. 
Ma percorrendo quel filo, scorro gli anni che portano a crescere a maturare e parallelamente al formarsi, passando per le scuole superiori e una scelta personale forse non riuscita. lì trovo l’ennesima professoressa di italiano che aiutava a curare non più solo la lingua, ma anche la propria forma di persona, perché si sa che gli insegnanti nel bene o nel male fanno anche questo, ti cambiano, ti formano. In quegli anni credo ci sia il mio oggi. 
La scelta dell’università, il cambiare ambito di studio, il trovarsi in difficoltà per i ritmi frenetici di un mondo che corre più veloce di te. In quel pensiero mi viene da riprendere in mano quel filo sottile e intrecciarlo nel quarto nodo. È così che ricordo con gioia e un pizzico d’emozione le prime parole del mio relatore di laurea, alla prima lezione che ascoltavo in quella materia che dava anche il nome alla facoltà che stavo frequentando. È in quei frammenti di ricordi che mi sbuca un sorriso pensando alla pubblicazione del mio libro, frutto di tutto questo, di tanto altro e un po’ di tutti loro. Essenza di volti, insegnamenti, passioni trasmesse e che a mia volta vorrei far andare oltre, verso altri. 
La scuola, ahimè, nel nostro Paese non è a misura di studenti né tanto meno comoda per gli insegnanti, ma se incontri sulla tua strada esperienze e storie che ti aiutano a diventare quello che la vita ha in serbo per te, allora loro hanno vinto, tu hai vinto, ed è giusto che la società lo sappia. 


Simone Nardone