Era il 4 marzo scorso, quando in piena bagarre da primi casi di Covid-19 in zona, si è iniziata ad alzare la “polvere” attorno a Fondi. Polvere diventata un polverone nel giro di poche settimane, tra allarmismo, notizie spesso difficili da verificare e un insieme di fake news che hanno trasformato anche il panorama dell’informazione in un vero marasma.
Intanto, passano i giorni e si allontana la data fatidica del 19 marzo, quando con la prima ordinanza la Regione Lazio ha di fatto chiuso la città di Fondi confinandola in “zona rossa”. La vita nel frattempo scorre, tra le mura domestiche – soprattutto –, i negozi di prima necessità e la voglia di uscire. Sì, perché malgrado se ne sia parlato tanto, le persone continuano ad uscire. Sicuramente molto meno di come stava accadendo prima del 19 marzo scorso, ma continuano a farlo. Lo si fa principalmente – e si spera esclusivamente – per situazioni di primaria necessità: per questioni improrogabili di lavoro e per approvvigionamenti, ovvero per andare a fare la spesa o per rifornirsi di medicine. Intanto, purtroppo, i casi di Covid-19 continuano ad essere riscontrati giorno per giorno e riportati sul bollettino dell’Asl, dove, salvo una singola uscita, Fondi non viene mai “dimenticata”.
Ma poco importa da un punto di vista mediatico, perché, se avere il virus in casa sappiamo tutti non è una colpa, né tantomeno una vergogna, è altrettanto vero che più o meno a ragione sulla bocca di tutti Fondi c’è finita. Nell’occhio del ciclone dai primi giorni dell’istituzione della “zona rossa”, ma anche successivamente con foto e citazioni un po’ ovunque. Arrivando su testate on line nazionali come “Il Post” o addirittura oltre confine, in Svizzera su “Le Nouvelliste”. Rimbalzando tra radio, post social, articoli più o meno fuori registro o inviati che hanno creduto di trovarsi dinanzi all’ospedale di Wuhan, senza rendersi conto che l’ospedale locale non è neppure un polo per l’emergenza.
Certo, al San Giovanni di Dio c’è la tenda per il pre-triage, ma non è un polo “Covid”, che come ha spiegato in conferenza stampa il direttore generale dell’Asl è principalmente il Goretti di Latina, con il reparto di malattie infettive di Gaeta che fa da supporto all’ospedale di Formia. E quindi via alle polemiche: come ad esempio quelle sui posti in terapia intensiva (4), che secondo alcuni andrebbero immediatamente riattivati presso il San Giovanni di Dio, mentre secondo altri non avrebbe senso spezzettare ancor di più l’emergenza sanitaria. Ma nel caos delle ordinanze, delle notizie e delle non notizie di questi giorni è successo anche che il reparto considerato “fiore all’occhiello” dell’ospedale di Fondi, quello di ostetricia e ginecologia, venisse chiuso e poi riaperto nel giro di poche ore – fortunatamente solo su carta.
Intanto, mentre l’emergenza rimane di carattere sanitario, nessuno, né a livello nazionale e né internazionale, si nasconde dietro il grave problema di carattere economico da affrontare durante e dopo lo tsunami del coronavirus. E, come altrove, per il territorio della Piana di Fondi i problemi in tal senso non mancano già da ora. Anche e soprattutto attorno al Mof, da sempre al centro del comparto economico locale e, mai come adesso, snodo centrale per l’approvvigionamento di ortofrutta per il Paese Italia (e non solo). Eppure alcuni, nelle scorse settimane, hanno chiesto la chiusura dei mercati all’ingrosso come il Mof. E nemmeno gli screening a tutela del personale che ci lavora sembrano essere sempre serviti a rassicurare i clienti, che a volte hanno persino rifiutato merci provenienti da Fondi per lo stupido e ingiustificato assunto che la merce potesse trasportare il virus. L’unica certezza data al momento dalle misure di contenimento presso il mercato ortofrutticolo, è che hanno permesso di ergere un muro contro il contagio.
Eppure, anche al caos o alle false notizie diffuse si è provato a rispondere con informative, comunicati, messaggi istituzionali e ordinanze, o nel nostro caso con articoli puntuali e verificati. Focalizzando l’attenzione proprio sulle ordinanze: la prima l’abbiamo già citata, quella del 19 marzo della Regione, misura a cui ne hanno fatto seguito alcune da parte del Comune. Poi, tra un discorso serale e un decreto notturno, l’idea di uniformare la normativa da parte del Governo ha rimescolato le carte. E allora via alla tarantella: “zona rossa sì”, “zona rossa no”, negozi che sarebbero dovuti rimare chiusi fino al giorno prima che improvvisamente hanno riaperto e altri, invece, che non l’hanno fatto. Ma non solo. Perché, mentre da un lato c’era il Comune che chiedeva il tavolo tecnico e un po’ di chiarezza, arrivava quell’ordinanza fatta passare per “bozza” e poi sostituita da quella – si spera – definitiva che sancisce che sì, a Fondi fino al 5 aprile, salvo proroghe, ci sarà qualche restrizione in più rispetto ad altri territori.
E in tutto questo marasma, mentre la campagna elettorale si è arrestata, con il voto che potrebbe slittare in autunno, il paradosso è che c’è chi si è indignato per le immagini di repertorio utilizzate in un breve servizio del Tg1, o si è pubblicamente chiesto che fine avessero fatto le Ong. Mentre c’era addirittura chi – forse preso dalla noia – si è messo lì ad inventare chiusure di supermercati, o a diffondere audio-bufale su fantomatici elicotteri per disinfettare dall’alto le strade o su carri armati nelle contrade, auspicando un non ben specificato “stato di polizia” e di controlli. Tanto che a confronto la “lista di proscrizione” di coloro che avevano partecipato alla famosa cena di carnevale del 25 febbraio, data in pasto ai social a dispetto del rischio di denunce, è sembrata quasi una goliardata.
Un ulteriore passaggio in qualche modo indicativo, tra l’altro, quello legato alla presenza di militari e uomini delle forze dell’ordine: dopo essere stati auspicati a gran voce, una volta “passati” per Fondi, si sono spesso visti loro malgrado aggirare nei check-point dei posti di blocco, tanto da essere costretti dietro ordine delle autorità sovracomunali a “chiudere” le vie secondarie di accesso alla città, creando indirettamente non pochi problemi in alcune aree del territorio.
Ma Fondi è un po’ così, come ogni suo cittadino: siamo tutti talmente fieri del nostro territorio, a tal punto che spesso ce lo teniamo tutto per noi. Ma Fondi – o Funn, come vuole il detto in dialetto che parla di ju paes chiù bej d’ju munn – è così. Una città con un popolo di lavoratori operosi e di persone che ne ha viste e sentite così tante che a volte si sente – più o meno a ragione – attaccato a prescindere.
Ma Fondi da sempre è anche il luogo delle due facce: quella della paura e quella della speranza; quella che invoca lo “stato di polizia” e quella che percepisce eccessiva la scelta della “zona rossa”; quella che si prende troppo sul serio e quella che con la satira prova a strappare un sorriso a tutti.
La stessa doppia faccia che ha mandato a ruba le mascherine nelle farmacie prima dell’inizio della crisi, che fa scarseggiare i disinfettanti, che ha fatto impennare il consumo di guanti protettivi, ma che ne fa “consumare” qualcuno per strappare una risata a tutti, “vestendo” la statua di San Francesco al centro della città. Perché, checché se ne dica, anche l’umore vuole la sua parte, anche la comunità cittadina vuole i suoi simboli.
Perché un giorno, più o meno vicino o più o meno lontano, tutto ciò finirà e ci sarà da ricostruire. L’emergenza che stiamo vivendo, con le dovute proporzioni, è la guerra dei giorni nostri. E fare ordine è importante per non perdere la bussola delle notizie e ancor più quella della fiducia, tanto facile da perdere in momenti complicati come questi.