8 luglio 2016 - Uniroma3
Simone Nardone
È sempre complesso riuscire ad individuare chi ha vinto e chi ha perso in senso generale una tornata elettorale per gli Enti locali, come sono state le amministrative di giugno 2016. I vari esponenti politici hanno giocato a mettere in evidenza i dati che ritenevano più opportuni: chi quello dei voti assoluti complessivi su scala nazionale, chi quello del numero delle amministrazioni conquistate, chi il raffronto rispetto ai sindaci mantenuti in rapporto a quelli conquistati nella passata tornata elettorale. Per prima cosa bisogna osservare che vincitori e vinti sono destinati a rimanere presunti laddove ci si rende conto dell'impossibilità di identificare un parametro obiettivo che permetta di traslare un risultato locale su scala nazionale.
PD
Il Partito Democratico, debole della sconfitta di Roma e Torino a danno dei 5 Stelle e della cessione di 12 capoluoghi di Provincia (3 ai pentastellati e 9 al centrodestra) a fronte della riconferma di soli 7 capoluoghi in cui già amministrava, si è comunque accaparrato il primato di partito italiano con il maggior numero di voti.
Il risultato emerge dall’analisi CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) all’indomani del primo turno con il confronto tra le amministrative 2016, le amministrative precedenti, le Politiche 2013 e le Europee 2014.
Il Partito Democratico risulta primo con 949.510 preferenze, pari al 18,8% del totale, seguito a ruota dal Movimento Cinque Stelle con 878.828 preferenze, pari al 17,4%.
Dati questi che, per quanto parziali rispetto ad un’elezione nazionale, mostrerebbero una nuova polarizzazione a danno del centrodestra.
Fonte CISE |
M5S
Il Movimento 5 Stelle ha conquistato 19 Comuni, di cui 3 dei 25 capoluoghi di provincia al voto. Dettaglio tutt’altro che trascurabile, tra questi ci sono Roma e Torino, le due città più importanti al voto insieme a Milano e Napoli.
Il M5S ha rivendicato la propria vittoria nelle urne insistendo in particolare sul modo in cui sia a Torino, sia a Roma, sia a Carbonia sia riuscito a strappare l’amministrazione al centrosinistra. Questo risultato, rafforzato dalle ottime percentuali sui voti nazionali, ne accreditano la forza in qualità di unico vero antagonista politico dei democratici.
Centrodestra
Il centrodestra unito, sottovalutato dalla maggior parte delle analisi elettorali sui media, ha comunque dimostrato una presenza di rilievo nelle amministrazioni locali.
È inconfutabile come il dato elettorale nazionale sui voti di lista al primo turno sia lungi dall'essere incoraggiante, ma è altrettanto vero che il centrodestra ha fatto registrare la variazione in termini percentuali più importante tra le forze politiche nazionali. È quanto emerge dall’analisi di IPSOS al termine del primo turno nei 7 capoluoghi di Regione: mettendo in raffronto i dati delle amministrative di giugno 2016 e quelli delle Politiche 2013, si nota che il centrodestra unito cresce del 4,5% rispetto alla flessione del 2% del Pd e alla stabilità M5S (+0,2%).
La tendenza diventa ancora più marcata se si considera il “saldo” tra i capoluoghi di provincia conquistati e quelli persi. Il centrodestra chiude infatti a +8 (nel dettaglio, +9 capoluoghi strappati al centrosinistra, -2 persi a vantaggio del centrosinistra e +1 per Cosenza, l’unico riconfermato).
Fonte IPSOS |
CIVICHE
In un tale scenario di dispersione vale allora la pena riflettere sulle cifre della 'vittoria senza colore' delle liste civiche.
È opportuno prendere atto di come ciò accada a tutti i livelli, tanto nei piccoli comuni quanto nei capoluoghi: nei piccoli Comuni accade che i simboli di partito non vengano presentati, mentre in quelli più grandi i partiti nazionali tendono a cambiare strategia e a diversificare l'offerta politica a vantaggio delle civiche.
Il dato più importante ai fini della nostra analisi riguarda i 20 capoluoghi di provincia in cui si è andati al ballottaggio, dove si è arrivati al trionfo delle realtà civiche in ben 5 casi (Villacidro, Crotone, Latina, Napoli e Isernia), sebbene poi alcune di queste liste meriterebbero un più accurato focus politico: Crotone, ad esempio, dove la lista civica vincitrice è di orientamento dichiaratamente centrista, Napoli dove invece vira a sinistra, e infine Isernia spostata a destra.
CONCLUSIONI
Abbiamo visto come la definizione delle forze politiche vincitrici e vinte possa variare in base ai diversi parametri di riferimento.
Quel che è certo è che si è andata ad amplificare la natura pluripolare di un sistema precedentemente etichettato come bipolare o, al più, tripolare. Si tratta di un pluripolarismo che, seppur contenuto (“Dal Porcellum alla Terza Repubblica” – StreetLib 2015), probabilmente mette in evidenza la crisi dei partiti e lo scollamento con l’elettorato. A tutto ciò si può dare una lettura in chiave sistemica anche alla luce dell’entrata in vigore dell'Italicum.
Alcuni sostenitori del nuovo sistema rimarcano come l’applicazione della nuova legge elettorale potrebbe portare verso una semplificazione di liste e simboli, incentivando i primi a raccogliersi sotto nuovi schieramenti (o cartelli o fronti elettorali) e incentivando l’elettore a votare per il partito idealmente più vicino alla vittoria, di fatto facendo perdere consensi ai partiti più piccoli.
Un simile esito ha già caratterizzati i risultati delle ultime esperienze politiche in Spagna. Il sistema elettorale spagnolo aveva già ampiamente dimostrato di saper realizzare una grande selezione politica, sintetizzandosi in uno scacchiere partitico tendente al bipolarismo senza chiudere la porta agli schieramenti radicati sul territorio. L’avvento di un terzo polo ha rivoluzionato tutto e adesso per la seconda volta in pochi mesi si trova a sperimentare un inconsueto stallo. Ciò dimostra come un sistema elettorale non è in grado (non è questo il suo scopo) di ingessare le polarizzazioni partitiche, bensì subisce le conseguenze della loro fluidità.
L'Italicum introduce un comportamento diverso in virtù della presenza di un premio di maggioranza all'eventuale turno di ballottaggio. Un partito vincitore in termini di rappresentanza parlamentare sarà quindi sempre garantito.
Per contro, l'equivoco dietro l'angolo è che si generi una sproporzione macroscopica tra la rappresentanza parlamentare e l'espressione elettorale dei cittadini.
La relazione tra il dato nazionale e le amministrative 2016 è interessante anche alla luce dell'entrata in vigore dell'Italicum che nel complesso ricalca la normativa elettorale dei Comuni sopra i 15.000 abitanti. La vera differenza fra i due, oltre alla prerogativa costituzionale di non poter eleggere il capo dell'esecutivo, è l'impossibilità di presentarsi in coalizioni. A margine di questo complesso e impossibile paragone, rimane una provocazione: cosa accadrebbe se il fronte delle liste civiche non si ricollocasse, ma si disperdesse in liste o partiti non allineati all'attuale polarizzazione?