Era il 9 marzo 2020, quando l'allora presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, con un modo di fare quasi paterno, ci comunicava che l'Italia si avviava verso il lockdown che sarebbe scattato da lì a poche ore.
Personalmente ricordo ogni istante: un brivido lungo la schiena, un senso di smarrimento e quella frase che mi uscì spontanea: "Stiamo vivendo la storia".
Poi, a fare eco a quel momento così incredibilmente triste e inspiegabilmente potente arrivó il suono inquietante delle ambulanze, il ridondante e ciclico sovrapporsi di numeri e ordinanze, di chiusure, di timori, di paure, di affanno; le telefonate a conoscenti positivi, la vita che ha iniziato a scorrere in un tempo ovattato, come se il vuoto lasciato dalla pandemia non si potesse riempire con la quotidianità.
Ognuno di noi potrebbe raccontare il suo lockdown per istantanee: tra le file ai supermercati, le strade silenziose, le piazze vuote e i balconi pieni. Tutti abbiamo vissuto un momento drammatico che è durato, ad oggi, un anno. Tutti abbiamo assaggiato quella sensazione di non aver vissuto. Tanto, troppo, ci ha tolto e ci sta togliendo il virus: le vite, di chi non è più con noi, la condivisione e l'aggregazione che continua a mancarci come terreno sotto i piedi e la serenità portata via dall'inquietudine.
L'assenza di un abbraccio rimane l'essenza della normalità e della socialità che a distanza di un anno tutti vogliamo riconquistare.
Oggi guardiamo al futuro con uno sguardo più stanco di un anno fa. Ma dobbiamo pensare a cosa è cambiato da quel 9 marzo 2020 quando immaginavamo la luce del sole estivo per uscire da un breve letargo, inconsapevoli che dopo un anno saremmo stati ancora qua, ad attendere la fine di un incubo. Oggi siamo appesi non solo alle speranze di un domani migliore ma consapevoli che la scienza e i vaccini ci danno quello che le restrizioni non hanno saputo garantirci: una prospettiva di lungo periodo.
Dopo un anno, siamo qui, dinanzi a quella TV ad osservare i tempi che cambiano ma che all'apparenza ancora non migliorano. Ma con una consapevolezza: che il giorno della normalità, della socialità e di potersi tornare ad abbracciare sta tornando.