martedì 14 giugno 2016

RACCONTI: Soleluna

SoleLuna

C’è un’antica storia, una leggenda. Un libro che si dice sia sacro. In ebraico significa “degli inizi”. Narra di un tizio strano, tenebroso, forse con la barba, che si è sempre visto poco in giro. Un uomo, come suo figlio, che forse per noia o per ambizione, o perché aveva un non so che di simile a noi comuni mortali, che un giorno, il primo, si mise a creare qualcosa. 

Iniziò così, come gli veniva. E si dice che gli sembrava cosa giusta. Un giorno, presumo di buon mattino, ma nutro su questo dei dubbi temporali, prese quella bacchetta magica dell’onnipotenza e divise il giorno dalla notte. La luce dalle tenebre. Ciò che si vede da ciò che è nascosto. Quello che è scontato da quello che va scovato. E come si narra, sempre secondo quella strana storia, che a lui sembrava cosa buona e giusta. Ma si sa che ogni storia ha il suo protagonista. E siccome il tizio barbuto, invisibile, severo ma fondamentalmente buono si sentiva più come un narratore, doveva dare un protagonista a questa favola. E ci provava. Ogni giorno. Dopo tutto, dopo aver diviso il giorno dalla notte era già più facile contare i dì nell’eternità.

Così il secondo giorno, convinto che nessuno dovesse sentirsi solo, provò con il cielo e con il mare. Divise quei colori così simili da ciò che non si percepiva ma si vedeva – il cielo – da quello che si toccava e spaventava – il mare – fu un capolavoro. Ma non c’era ancora quel senso di soddisfazione. Sarà stata presunzione di onnipotenza, chissà? Dopo tutto, cielo e mare erano fermi, interscambiabili e collegati, ma sempre lontani fra loro. 

Allora fu sera e fu mattina e il giorno successivo il tizio ci riprovò. Portò la vita su questa strana palla che si dice fluttua in un’assenza di gravità cosmica. Alla ricerca di un suo perché. Quel perché il giorno seguente, il Signore con la voce cupa volle risolverlo. Disse – o scrisse chissà – che quella strana palla di colore blu, verde e marroncino doveva ruotare attorno alla luce, perché il suo faro era il suo senso, il suo perché. Detto fatto, ecco una stella, che aveva per nome Sole. “Oooooo” esclamavano le piante che osservano con fare cupo il disegno un po’ astruso e così frettoloso del divino. Ma si sa, chi è onnipotente sa il suo perché, così prese e si ricordò – malgrado l’età che avanzava la memoria non lo tradiva – della prima creazione “giorno e notte”. A quel punto, riscontrando l’importanza di non lasciare abbandonati coloro che vivevano nelle tenebre decise di andare oltre. Dando una luce, più tenue, ma per questo importante come un faro, che illuminava le anime di chi nel buio si sentivano perse. Era la Luna. Quel giorno, forse più degli altri, lo strano creatore era davvero convinto di aver fatto cosa buona e giusta. Si narra, ma le notizie non sono confermate, che aveva deciso di riposarsi. Ma ci stava proprio prendendo gusto. 

Dunque la mattina seguente, dopo che la Luna s’era schiusa dietro quella strana creazione che aveva curiosamente chiamato montagna, e aveva visto sorgere all’opposto quella luce non osservabile del Sole, continuò. Nel proseguire, capì che doveva dare un po’ di dinamismo a tutta questa routine. La storia narra che creò prima i pesci e gli uccelli, poi tutti gli altri animali. Io me lo immagino, questo tizio curioso, alto, o forse no. Credo con della barba con una strana sfumatura di grigio. Là, poggiato a quel bastone, pronto a sorreggerlo dopo l’infinita stanchezza della creazione. Lì, volenteroso di condividere ma forse troppo solo per poterlo fare. Ho sempre pensato che in quella notte e in quel giorno, o in quel giorno e in quella notte, osservando il Sole che dava vita alle piante e la Luna, che tracciava la via agli emarginati, che si rese conto che il palcoscenico era pronto, ma che forse aveva dimenticato i protagonisti. Quei soggetti che forse un giorno avrebbe addirittura chiamato “figli”, tanto era il suo grado di soddisfazione, che pan piano diveniva affetto. Pensando al Sole, alla sua forza, al suo calore, creò l’uomo. 

Dall’idea della tenerezza e di quel chiarore nell’oscurità, ne uscì la donna. Poi li osservò, poggiato sempre a quel bastone. A quel punto decise di riposare, era il momento giusto. Ma proprio lì, in quell’istante, mentre li guardava, c’era il Sole, che non era solo forza e calore, ma anche sostegno e bellezza e per questo così simile alla donna. Poi, attendendo l’imbrunire osservò la Luna, non solo tenera e decisa, ma anche così definita e sicura come l’uomo. Forse – perché la leggenda dice altro – solo in quel momento capì che non c’era un unico protagonista, ma che erano almeno in due, se non quattro o forse ancor di più. Forse in quel momento e in nessun altro capì il capolavoro che aveva confezionato e disse che era cosa buona e giusta. 

Simone Nardone