Non voglio in questo post dire la mia sul referendum sulle
trivelle, perché ancora non ho deciso cosa andrò a votare il 17 aprile, ma di
una cosa sono sicuro, che entrerò nella cabina e dirò la mia. Sì, mi va di
dirlo con la franchezza che dovrebbe contraddistinguere qualsiasi cittadino che
viene chiamato alle urne. Lo dico perché credo che lo strumento del referendum
è un alto momento di democrazia, forse il più alto di quelli previsti dalla
carta costituzionale. Sicuramente il più alto di livello nazionale, perché lega
il singolo elettore ad un voto diretto su un provvedimento o una legge. Siamo
abituati a votare indirettamente o implicitamente per il governo, guardiamo da
spettatori l’elezione del Presidente della Repubblica, siamo stati addirittura
abituati a votare con un mandato in bianco ai partiti per la composizione di
Camera e Senato e sentir dire ancora, per l’ennesima volta, che può esserci una
“strategia dell’astensione” credo faccia rivoltare la memoria a più di qualche
padre costituente.
Certo, il contenuto del quesito referendario è talmente
settoriale e tecnico che forse non meritava una chiamata alle urne, ma visto
che c’è bisogna andare a votare per principio stesso di cittadinanza. Se si abita
il tempo e il luogo in cui si vive, quando viene chiesto il nostro parere
bisogna esprimerlo. Ogni volta che ci dicono implicitamente che il silenzio è
assenso si fomenta quell’ideologia qualunquista di cui non abbiamo bisogno.
Questo ci imputa un ulteriore obbligo morale: informarsi.
Dopo mesi di silenzio assordante sul referendum del 17 aprile, nelle ultime
settimane ho sentito tante, troppe, voci stonate. La partigianeria dei
promotori del “sì” e di quelli del “no” non aiuta chi vuole capirci qualcosa,
per poter decidere liberamente e consapevolmente cosa andare a votare, o
addirittura decidere se ne vale la pena andarci. Persino i servizi nei
telegiornali a volte strumentalmente richiamano disastri ecologici da una parte
ed efficienza ed indipendenza energetica dall’altra. Cose giuste, tematiche di
cui si dovrebbe parlare tutti i giorni nella politica nostrana ma che sono solo
indirettamente tematiche del quesito referendario. Il 17 aprile si voterà per
le concessioni a scadenza naturale o fino ad esaurimento del giacimento. Quasi
un cavillo contrattuale, sul quale giusto o sbagliato che sia, ci chiedono il
nostro parere. A noi cittadini, dovrebbe competere il sentirci tali e dire la
nostra, alla politica e ai partiti avere il coraggio di rispettare ed
enfatizzare uno strumento di democrazia diretta che merita di essere custodito
con grande attenzione.