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lunedì 8 gennaio 2024

I PASSI DELL'UGUAGLIANZA

LO IMMAGINO


Si può sognare anche di mercoledì. Lo imparai in un umido giorno di fine agosto del 1963. Quel 28 del mese più caldo dell’anno, ero lì, a guardare un popolo, quello dei neri statunitensi, invocare un principio sacrosanto: quello di essere uguali.


Tutti parlano di quell’uomo, Martin Luther King Jr., che nel luogo simbolo della federazione degli USA provava a cucire uno dei più grandi limiti dell’unica razza che esiste al mondo: quella umana. Di quel giorno, ricordo i rumori, i canti e gli slogan. La celebre frase, uscita dal suono metallico di un amplificatore non dei migliori di inizio anni '60, come fu pronunciata divenne il marchio di quella battaglia, del diritto di chiunque a chiedere il meglio, ovvero di essere considerato uguale a chiunque altro.

Oggi, ripensando a quel giorno del 1963, mi domando se quegli echi gracchianti di Washington in quel “I have a dream” abbiano rappresentato davvero il rumore inquieto che serviva a quella gente per compiere una delle più grandi battaglie di civiltà in epoca contemporanea condotte nell’Occidente.

Ma il rumore più forte e sincero, che oggi ancora ho scolpito nel ricordo di quell’interminabile giorno pieno di umanità e sofferenza, è quel fragore di passi. Quella marcia per il lavoro e la libertà, era fatta non solo di un sogno e non era di certo rappresentata solo da un uomo. Quei passi, leggiadri e pesanti, eleganti e poveri, di lontana origine africana o europea, rappresentano ancora oggi il rumore di quella partecipazione, e allo stesso tempo il suono con cui penso si possa pretendere, in modo pacifico, l’uguaglianza tra le persone.

Simone Nardone