Si narra che dopo quel giorno, il generale continuasse a ripetere come un mantra che anche i più grandi piangono le sconfitte.
Le lacrime di quel giorno, però, erano vere e univano cielo e terra. A Waterloo il pianto straziante era iniziato il giorno prima, dalle nubi grigie di passaggio, ed era proseguito fino alla fine di quell’interminabile battaglia in quella domenica di metà giugno, dove nel fango di quel campo sterminato in Vallonia, giacevano i corpi di decine di migliaia di soldati.
Napoleone Bonaparte, il più grande condottiero della storia moderna, piangeva in cuor suo, non per la perdita di uomini, di cui poco gli importava, ma constatando la difficoltà di affrontare gli ultimi anni della propria esistenza nell’assenza di grandezza e in un esilio che sapeva di morte.
Pare che pianse anche a Sant’Elena, forse più di quanto avesse fatto nel corso di tutta la sua vita piena di successi e di infelicità altrui.
Le lacrime, di certo, non si possono contare, non si possono pesare o quantificare, ma solo versare. Di quella storica battaglia si pensa sempre alla fine della forza temporale di un uomo, dimenticando, come spesso avviene nelle guerre, il dolore e il pianto delle famiglie di quei giovani che caddero come lacrime nel fango di Waterloo.
Simone Nardone