martedì 21 aprile 2020

Metodo scientifico e peso delle parole

Voglio proporvi una riflessione, ma vi avviso che non sarò breve. 

Il problema non è il giornalismo e neppure la scienza. Il problema è l'amplificazione di notizie, anzi, di presunte tali. 

Vi propongo un esercizio facile facile: immaginate se Copernico si fosse presentato dinanzi alla comunità scientifica dell'epoca e avesse detto: "Sono convinto che il sole stia al centro del Sistema Solare" e alla domanda se fosse stato in grado di dimostrarlo avesse risposto "No, non posso". 
Oppure immaginate se un Einstein avesse esordito, parlando da una rivista dell'epoca e spiegando: "Ho una teoria che chiamerei 'della relatività', ma non serve che vi spieghi il senso visto che mi chiamo Albert Einstein".

Con questo non voglio scendere al livello di rendere banale qualcosa che non lo è; al contrario vorrei cercare che tutti provassimo costantemente a fare un salto in meno sulla sedia ad ogni affermazione che ascoltiamo in tv o leggiamo sui giornali e a capire - perché oggi ne abbiamo tutti gli strumenti - se quello che ascoltiamo o leggiamo, sia realmente come spesso ci viene presentato. 

Perché le notizie possono essere vere o false, intriganti o noiose, ma la scienza o è scienza o non lo è. Tempo fa girava quella frase poco elegante ma molto esemplificativa sul fatto che la scienza non sia democratica; che è in parte vero. Ma la cosa paradossale è che non è neppure autoritaria. 

Nella scienza, a differenza che sui media – almeno su quelli di oggi – non si può sostenere una teoria se non è riscontrabile. È qui subentra anche il nostro lavoro di “informare” e persino di aiutare a “comprendere” ciò che passa e va di moda sui social. Perché le parole sono importanti non solo per ciò che vogliono dire all’interno di una frase ma anche per quello che vogliono rappresentare come singole. 

Una TEORIA, per tornare alla frase di prima, non si può che SOSTENERE. Pensate, si sostiene, perché essendo una teoria non è un’affermazione o un principio, rimane una “teoria” e ha bisogno di qualcosa che la sostenga e che la tenga in piedi; ha bisogno di qualcosa che gli dia forza e spessore per essere considerata. Di cosa ha bisogno? Di un metodo scientifico, di una ricerca, di qualche prova che ne attesti come le supposizioni non rimangano solo supposizioni, ovvero che facciano in modo che una TEORIA non rimanga tale – o peggio – che crolli. 

Nell’articolo de "Il Post" (https://www.ilpost.it/2020/04/21/montagnier-coronavirus-hiv/?fbclid=IwAR1YTrJMOndFAJTG9hd6OSNCPpzSbmRrFTx7w5B95H5Ho7uy4u3ShdyuuEY) si precisa tutto ciò in modo ancor più semplice affermando come “il metodo scientifico prevede che la validità delle conclusioni sia subordinata al rigore del metodo di ricerca usato per raggiungerle”. Per questo, il titolo, ponderato ma chiaro e inappellabile parla di "teorie INFONDATE". Cioè, che non hanno un fondamento scientifico. E se non hanno un fondamento scientifico, non solo hanno poco peso, ma non sono neppure una vera notizia. Paradossalmente la notizia, al contrario, sarebbe che un premio Nobel vada in Tv a proporre teorie che non abbiano un fondamento scientifico.

E si badi bene (questo inciso è un appello a chi sente la voglia di rispondere accusando le mie affermazioni di essere “censorie”) nessuno esclude che tali IPOTESI - perché la verità è che parliamo di ipotesi e non teorie - un domani possono anche risultare vere, possibili, realistiche o addirittura acclarate. Ma ciò non toglie che per “sostenerle” serve una possibilità implicita nella scienza. C’è bisogno che queste teorie siano almeno dimostrabili. Se non seguiamo questo metodo tutti possiamo essere qualsiasi cosa, con il rischio concreto che ci ritroviamo a decidere dei massimi sistemi con lo spessore culturale e i principi scientifici di “chiacchiere da bar” – senza offesa per i bar naturalmente. 

Ed oggi, seppur comprendendo il disagio per i locali chiusi, nulla toglie che dobbiamo essere consapevoli che seppur vogliamo mettere bocca su qualsiasi cosa, se vogliamo avere la possibilità di lasciare alle future generazioni un mondo mig
liore, dobbiamo lasciare parlare le competenze e non le ipotesi o i titoli. Lo dobbiamo fare allo stesso modo di come dobbiamo continuare ad annusare curiosamente ogni teoria che vada controcorrente, senza dimenticarci però, che deve essere riscontrabile, sennò rischiamo di parlare – almeno per quanto riguarda lo “scientificamente parlando” – semplicemente del nulla.