La situazione politica renzicentrica continua a
vivere di alti e bassi. Soprattutto, per dirla come dovrebbe giustamente far
notare un osservatore politico, vive a cavallo tra la “perfezione” e “l’assurdità”.
In poche parole, siamo alle solite.
Sì, parafrasando la parola “perfezione”, si sottolinea come le
accelerate della leadership del premier continuano a scandire i tempi dell’esecutivo.
Una tabella di marcia che malgrado qualche giorno di ritardo rispetta, quello
che appariva un assurdo crono programma degno della fantasia e dell’illusione
del più giovane Presidente del consiglio della storia d’Italia.
Una velocità, però, che non
sempre convince. Da qui, “l’assurdità”.
L’assurdità di fossilizzarsi - in merito
alla legge elettorale - sulla parità di genere, quasi
dimenticando quali erano le incostituzionalità evidenziate dalla Consulta a
dicembre e non fugate nella prima approvazione dell’Italicum. Ma, l’assurdità passa anche attraverso questo disegno di
non abolizione delle Province, ma che di fatto ne svuota il potere politico,
per non dover allungare i tempi obbligati di un eventuale riforma
costituzionale. Un segnale, sicuramente apprezzato, ma non si rischia di
sfociare in dubbi di costituzionalità,
visto che si mantiene in vita un organo senza dare potere diretto (ma solo indiretto) ai cittadini di
eleggerne chi detiene le funzioni di governo?
Insomma, mentre la politica da una parte è tornata a fare la
politica, nel senso che pensa progetta e approva, evitando tempi bibblici e
commissioni su commissioni, dall’altra siamo alle solite, osservando iter legislativi e riformatori di dubbia entità
e soprattutto di ancor più dubbia incostituzionalità.
Chissà, forse siamo noi
italiani che non ci accontentiamo mai. O è segno dei tempi che cambiano.