lunedì 29 ottobre 2012

Una libellula senz'ali

26lettere.it 25 ott 2012

E’ possibile che una libellula sia in grado di volare anche senza avere le ali? Fino a ieri non ne ero convinto, ma dopo aver visto ed ascoltato Simona Atzori, penso che ciò sia realmente possibile. Nell’immaginario collettivo le ali di un essere umano dovrebbero essere le braccia, e se allora c’è qualcuno che nasce senza di esse? I limiti della mente umana sintetizzano - come farebbe un bambino - “poverina non può volare”. Invece Simona vola, e vola alto.

Basta vederla ballare, per capire quant’è docile il suo volo, aggraziato, perché non servono per forza tutte le parti, per rendere armoniosa la danza del corpo. Ma Simona vola anche con la fantasia, basta vedere i quadri che dipinge, per capire la profondità di un animo completo, perché il corpo, tutto sommato è solo un involucro, e probabilmente, se non è perfetto è perché non deve esserlo, perché è l’animo, solo l’animo che conta. Ma quella fantastica libellula vola anche semplicemente con il suo sorriso, ammaliante, gioioso, coinvolgente, sereno, semplicemente unico, che quando te ne stacchi, rimani da una parte pieno della sua incommensurabile gioia, dall’altro orfano della stessa. Ma Simona, che è vero non è normale, perché i ‘normali’ non sanno essere tanto speciali, sa volare anche quando scrive. Perché lei è un’artista vera, una poetessa di vita, che a ad un tratto ha deciso anche di scrivere la sua autobiografia, di cui solo il titolo manderebbe in crisi, noi, comuni mortali. Lei si chiede “Cosa ti manca per essere felice?”. Bella domanda verrebbe da dire, ma lei no, non risponde così. E poco importa se magari qualche cinico possa pensare “le mancano le braccia”, perché a lei proprio non servono. Te ne accorgi guardandola gesticolare per pochi minuti con gambe e piedi, che di fatto le fanno sia da arti inferiori che superiori. Basta guardarla, vederla sorridere e sentirla parlare per capire che a lei, che ad un primo sguardo qualcosa sembra mancare, in realtà non manchi proprio nulla.

Non lo dice mai direttamente, forse per non sfidare la vita o il destino, ma è fantastica la spiegazione che dà: “Perché perdere tempo a cercare quello che ci manca. La felicità non è il traguardo ma il viaggio. Basta che ci fermassimo a guardare quello che abbiamo dentro di noi per essere felici”. E siccome i grandi forse sono portati a incontrarsi anche qui sulla Terra, prima che ricongiungersi dopo la morte, Candido Cannavò, che non perdeva uno spettacolo di Simona e che amava quella che lui stesso definì una libellula, sensibilmente e con la semplicità del grande uomo, prima che giornalista, scriveva di lei dicendo “le sue braccia sono rimaste in cielo, ma nessuno ha fatto tragedia”.

di Simone Nardone

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