Domenica prossima saremo chiamati alle urne per i referendum abrogativi sulla Giustizia. Si tratta di cinque quesiti referendari che pongono ai cittadini ed elettori la domanda se vogliono o meno abrogare leggi o parte di esse.
Come previsto dalla Costituzione i referendum abrogativi, per essere considerati validi, devono vedere andare al voto la metà più uno degli aventi diritto. Ovvero, deve esserci un’affluenza a livello nazionale superiore al 50%.
Viste le temperature torride di questo inizio giugno e il fatto che si voti nella sola giornata di domenica ciò potrebbe lasciar presagire che il quorum sia difficile da raggiungere, ma bisogna ricordare che si tratta di un “election day“, ovvero di una giornata in cui sono accorpate anche altre competizioni elettorali: domenica 12 giugno, infatti, si voterà anche in molti Comuni italiani e ben sette in provincia di Latina.
Pertanto è importante arrivare alla giornata del voto consapevoli di ciò che viene richiesto ai cittadini e decidere liberamente se recarsi alle urne e come votare.
I REFERENDUM
Il primo quesito prevede l’abrogazione della cosiddetta “Legge Severino” in merito all’incandidabilità e la decadenza da incarichi pubblici per chi viene condannato a più di due anni per i reati di allarme sociale contro la pubblica amministrazione e non colposi. Tradotto, in caso di abrogazione, l’incandidabilità o la decadenza non saranno automatici ma torneranno ad essere di competenza di un Giudice. Se si vuole abrogare l’articolo in questione bisogna votare Sì, altrimenti No.
Il secondo quesito referendario prevede l‘abrogazione di una parte dello specifico articolo del codice penale in materia delle misure cautelari in fase di indagini. Fondamentalmente se si vota “Sì” è perché si vuole abrogare la motivazione della “reiterazione del reato” tra le misure che prevedono la custodia cautelare durante le indagini. Se si vota “No” è perché si vuole lasciare l’articolo com’è.
Il terzo quesito referendario prevedono l’abrogazione di una serie di passaggi normativi che permettono il passaggio dalla carriera di Giudice a quella di Pubblico Ministero e viceversa. In caso vinca il “Sì”, ogni magistrato dovrà decidere ad inizio carriera quale delle due carriere intraprendere.
Il quarto quesito referendario è in merito alla valutazione dei magistrati. In caso di vittoria del “Sì” anche gli avvocati e i professori universitari potranno valutare l’operato dei magistrati.
Infine, il quinto quesito referendario riguarda la raccolta firme per un magistrato per diventare membro del Csm. Il referendum propone l’abrogazione della raccolta firme. In caso di vittoria del “Sì”, con l’abrogazione, si tornerebbe a com’era fino al 1958, quando un magistrato per candidarsi al Consiglio Superiore non deve presentare dalle 25 alle 50 firme di altri magistrati.
Il primo quesito prevede l’abrogazione della cosiddetta “Legge Severino” in merito all’incandidabilità e la decadenza da incarichi pubblici per chi viene condannato a più di due anni per i reati di allarme sociale contro la pubblica amministrazione e non colposi. Tradotto, in caso di abrogazione, l’incandidabilità o la decadenza non saranno automatici ma torneranno ad essere di competenza di un Giudice. Se si vuole abrogare l’articolo in questione bisogna votare Sì, altrimenti No.
Il secondo quesito referendario prevede l‘abrogazione di una parte dello specifico articolo del codice penale in materia delle misure cautelari in fase di indagini. Fondamentalmente se si vota “Sì” è perché si vuole abrogare la motivazione della “reiterazione del reato” tra le misure che prevedono la custodia cautelare durante le indagini. Se si vota “No” è perché si vuole lasciare l’articolo com’è.
Il terzo quesito referendario prevedono l’abrogazione di una serie di passaggi normativi che permettono il passaggio dalla carriera di Giudice a quella di Pubblico Ministero e viceversa. In caso vinca il “Sì”, ogni magistrato dovrà decidere ad inizio carriera quale delle due carriere intraprendere.
Il quarto quesito referendario è in merito alla valutazione dei magistrati. In caso di vittoria del “Sì” anche gli avvocati e i professori universitari potranno valutare l’operato dei magistrati.
Infine, il quinto quesito referendario riguarda la raccolta firme per un magistrato per diventare membro del Csm. Il referendum propone l’abrogazione della raccolta firme. In caso di vittoria del “Sì”, con l’abrogazione, si tornerebbe a com’era fino al 1958, quando un magistrato per candidarsi al Consiglio Superiore non deve presentare dalle 25 alle 50 firme di altri magistrati.