Cos’è che stimola l’adrenalina? Spesso qualcosa di ignoto, o
l’entusiasmo di rivivere un’emozione forte. E poco importa se di volta in volta cambiano i volti, passano gli anni,
si annidano ricordi o suoni di melodie che raccontano di pagine strappate, segnate
o appuntate della tua vita. Per me un concerto di Jovanotti è sempre
qualcosa di unico. Lo è nell’attesa di raggiungere il luogo nella festa. Ma
soprattutto nel riecheggiare le melodie in uno spirito di condivisione – perché
puoi anche cantare a squarciagola tu e lo stereo dell’auto, ma non è la stessa
cosa.
Poi c’è la musica, la festa, gli effetti speciali. Un dj che
ha saputo trasformarsi in rapper, poi cantautore passando per un buon 80% di
variegati generi musicali che accompagnano
un parterre di spettatori che vanno dai sei mesi di vita a chi, per via del
segno dei tempi arriva addirittura con il bastone.
Un concerto di
Lorenzo è una festa, una carica incredibile di energia, passione, inno all’amore
e dunque all’esistenza e alle sue emozioni. È un’esperienza che merita di essere vissuta, tra colori,
immagini, balli, remix e qualche canzone che ha scandito parti della vita di
ognuno di noi.
Ed è bello – permettetemi il gioco di parole – perché il
bello è che non ti ci abitui mai. Perdi la voce sempre alle solite canzoni,
urli agli “Immortali” come se quelle “corde vocali” da strapparti fossero le
tue. Ti senti un “Ragazzo fortunato”, certo, come puoi non esserlo se sei lì da
qualche parte a saltare come un bambino all’ “Ombelico del mondo”. Ma
soprattutto puoi permetterti il lusso di
piangere, perché alle emozioni di “Ti porto via con me”, ti senti come se
Jovanotti lo stia dicendo a te e perché quel “Mi fido di te” è l’unica cosa che
vorresti sempre dire ai tuoi compagni di viaggio.
A volte nelle piccole cose, o perché no in un concerto, c’è
tutto. C’è talmente tanto che non ti bastano parole, immagini e musica per
spiegarlo. C’è un sogno, c’è un’esplosione di colori come una pioggia di
coriandoli di un “big bang” o di un semplice “Oh vita” che ci sta bene come il
cacio sui maccheroni nei ritmi frenetici di ogni giorno. C’è tutto. Ma
soprattutto c’è un senso di gratitudine,
che ti lascia dire uscendo dal palazzetto e tornando nella baraonda di ogni
giorno un pieno, unico ed inibitabile “Viva la libertà”.