Finalmente si torna a parlare di
legge elettorale, seppur la partigianeria tipica delle forze politiche del
nostro Paese continua a lasciare pochi spiragli che una buona norma venga
approvata ed entri in vigore in tempi brevi, garantendo una condivisione prima
della prossima tornata elettorale.
Sarebbe interessante e forse
persino tagliente mettere in evidenza perché ognuno vuole il “proprio” sistema
ponendo veti su quelli proposti dagli altri schieramenti, lasciando ovviamente
nell’impasse l’intero dibattito, con il rischio che ancora una volta una delle
cosiddette “regole del gioco”, venga approvata a colpi di maggioranza. Malgrado
la tentazione, penso che bisognerebbe porre l’attenzione su cosa servi al
sistema politico italiano, per evitare l’ennesimo e catastrofico mutamento
dello scenario partitico. Ovviamente tenendo in considerazione lo stretto percorso tracciato dalle
due sentenze della Corte Costituzionale pronunciatasi sia sul Porcellum che
sull’Italicum.
Partirei proprio dalla questione
giuridica che impone al legislatore di porre attenzione al premio di
maggioranza, che non può essere eccessivamente “sproporzionato” e di evitare il
ballottaggio proprio per il motivo suddetto. Detto ciò, è opportuno se non
addirittura “richiesto” il voto di preferenza, evitando le candidature plurime,
o almeno regolamentandole evitando che siano gli eletti a decidere quale seggio
mantenere e quale cedere.
Alla luce di questo il margine
d’azione si restringe, ma nei giorni scorsi abbiamo letto, sentito, ascoltato e
perfino studiato sistemi elettorali misti con percentuali e soglie talmente
assurde sulle quali eviterei di addentrarci. La verità è che bisogna capire che
il sistema elettorale non può garantire al 100% la “governabilità”, che in
realtà si dovrebbe tradurre con la formazione di una maggioranza parlamentare.
Non può farlo perché non è prerogativa dell’elettore individuare a chi
conferire il mandato esecutivo, bensì spetta al Capo dello Stato, ovviamente
tenendo presente la volontà elettorale. Pertanto il sistema, mai come in questo
momento storico, necessita di un compromesso politico-istituzionale, mirando alla
rappresentanza e inducendo alla formazione di una maggioranza, che comunque non
è scontato emerga dalle urne ma che per l’appunto come accade nei sistemi
parlamentari può nascere post elezioni.
Per elaborare qualcosa di simile
a quello sostenuto poc’anzi, ahimè, bisogna pensare ad un sistema elettorale
proporzionale, dove non si può prescindere dal voto di preferenza (con l’equità
di genere o persino plurima in stile Europee o nel format della Prima
Repubblica Italiana). L’unica vera alternativa, evitando il maggioritario in
collegi uninominali, tanto caro alla cultura anglosassone ma molto inviso a
partiti e opinione pubblica italiana, sarebbe ragionare su qualche sistema
misto tipo il Mattarellum. Al di là di tutto ciò va ricordato come non si può
prescindere da un premio di maggioranza. Un premio relativo (e non assoluto,
per non incorrere nell’incostituzionalità) alla lista e non alla coalizione.
Così facendo si indurrebbe il partito che arriva primo a trovarsi nella
condizione di avere l’onere di formare il nuovo governo o almeno ad avere
l’incarico di trovare la maggioranza qualora (come molto probabile) non abbia
i numeri da solo. È
un’ipotesi che può persino permettere di mantenere uno sbarramento basso o
persino inesistente. E non sarebbe così diverso neppure dal concetto del premio
di maggioranza dell’Italicum (maggioranza assoluta dei seggi a chi ottiene il
40% delle preferenze). Diamo invece un 10% di premio a chi arriva primo e sarà
compito delle strategie dei partiti comportarsi da aggregazioni maggioritarie,
senza snaturare la propria connotazione sullo scacchiere, senza andare alla
ricerca di alleanze astruse in campagna elettorale e garantendo la pluralità
per chi non vuole apparentarsi.
Un meccanismo che garantisca il più
possibile l’elettore, ma anche il sistema, i partiti (che rimangono i
principali attori politici) e persino la Costituzione. Un’idea, niente di più,
o forse un punto di partenza per cercare una maggioranza, senza la quale non
verrà approvata nessuna nuova legge elettorale.