La bozza della nuova riforma elettorale
targata Renzi-Boschi torna al centro del dibattito con un nuovo documento.
Curioso il prospetto sulla base dei dati elettorali delle ultime tornate. Punti
di forza e di debolezza di una riforma che auspica di essere il tassello
centrale nel passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica italiana.
Renzi
accelera, Berlusconi frena, Grillo accusa e tutti gli altri stanno a guardare.
La questione sulla riforma elettorale è al palo, in attesa dell’accordo
definitivo (o presunto tale) che porterebbe alla nascita dell’Italicum in stile
2.0.
LA RIFORMA
L’Italicum
è la bozza del nuovo sistema elettorale. L’ultimo documento su cui stanno
lavorando le forze politiche vede un ipotetico premio di maggioranza assegnato
al partito che ottiene 40% dei voti (nella
prima bozza la soglia era del 37% di coalizione). Se nessuno raggiunge tale
soglia, è previsto un eventuale ballottaggio tra i primi due partiti che
ottengono il maggior numero di voti. Il nodo più grande rimane lo sbarramento
per i partiti più piccoli, che in molti vorrebbero al 5%, ma che alla fine
potrebbe essere del 4% o 4,5% (nella
prima bozza esistevano tre tipi di sbarramento come nel Porcellum 12% per le
coalizioni, 8% per i partiti non coalizzati e 4,5% per quelli all’interno delle
coalizioni). Cambia drasticamente anche il sistema che assegna i seggi, che
per sommi capi dovrebbe essere per il 70% con l’espressione di una preferenza
in piccoli collegi plurinominali e per il restante 30% eletti con un sistema
proporzionale puro con liste bloccate su base regionale (la precedente bozza, prevedeva 120 collegi plurinominali in cui si
eleggevano dai 3 ai 6 seggi, tutti con liste bloccate). Da sciogliere il
tema delle candidature multiple (non
previste nella prima bozza), dove i capolista potrebbero candidarsi in non
più di 10 collegi. Infine, la questione non di poco conto dell’approvazione
della riforma solo per la Camera, con la difficoltà di rendere operativo un
sistema elettorale in grado di funzionare anche prima dell’eventuale superamento
del bicameralismo perfetto. Si vocifera un’entrata in vigore nel 2016, vista
l’impossibilità di norme transitorie o collegate alla riforma costituzionale
per il Senato.
L'articolo completo al seguente link: http://www.formiche.net/2014/12/06/italicum-mattarellum-porcellum/
GLI SCENARI PASSATI
Se ci basiamo
sui dati elettorali delle precedenti elezioni politiche italiane - per quanto politologicamente errata come
analisi, poiché non c’è nell’Italicum 2.0 una semplice modifica di soglie e
premi, ma anche una vera riforma della struttura del sistema – ci rendiamo
conto cosa sarebbe cambiato nel sistema politico italiano.
Nel 2006, anche malgrado la differenziazione
dell’offerta partitica all’interno delle due grandi coalizioni, nessun partito
sarebbe riuscito ad arrivare al 40% dei consensi. Certo, influenzando il
sistema elettorale con il 70% di collegi plurinominali con le preferenze,
forse, l’Ulivo avrebbe avuto accesso al ballottaggio con un lieve margine su
Forza Italia, ma due settimane ulteriori di campagna elettorale avrebbero
regalato a quest’ultima la possibilità di completare la rincorsa con un
ipotetico sorpasso. Sicuramente, chiunque sarebbe riuscito a spuntarla
l’ipotetico 23 aprile del 2006 avrebbe potuto contare su una più ampia
maggioranza, anche se a pagarne sarebbe stata la rappresentatività. Alla Camera
avrebbero avuto accesso 3 liste nel centrosinistra (rispetto alle 8 del Porcellum), e 3 o 4 del centrodestra (rispetto alle 5). A Montecitorio si
sarebbero verosimilmente formati 6 o 7 gruppi parlamentari a fronte di 14.
Anche nel 2008, sarebbe cambiato poco. La
semplificazione partitica portata da Pd e Pdl probabilmente non avrebbe
permesso di spuntarla a nessuno al primo turno, malgrado il margine del
centrodestra. Alla Camera avrebbero avuto accesso verosimilmente 2 gruppi nel
centrosinistra, 2 nel centrodestra e 1 al centro. Una lieve semplificazione,
poiché con il Porcellum è entrata solo una lista in più. Anche nell’ottica
ballottaggio probabilmente sarebbe cambiato poco, anche se la forza centrista
sarebbe potuta diventare l’ago della bilancia. Senza dimenticare, che è
difficile credere che il premio di maggioranza del secondo turno avrebbe dato
più margine di quello che aveva il centrodestra all’indomani del voto, senza
dimenticare che nonostante i numeri, la maggioranza governativa non ha retto
fino a fine mandato.
Nel 2013, la fantomatica applicazione del nuovo
sistema sarebbe stata ancora più originale, poiché visti i numeri e la quasi
impossibilità nei consueti schieramenti di centrosinistra e centrodestra di
costituire delle liste unitarie, il ballottaggio avrebbe visto sfidarsi il Pd
di Bersani e il Movimento 5 Stelle di Grillo, con l’impossibilità per chiunque
di intravedere come si sarebbero concluse le elezioni Politiche. Dall’altro
lato, è altrettanto vero che sicuramente sarebbe uscito un esecutivo ratificato
da una tornata elettorale – anche se
aggiuntiva – e che ci sarebbe stata una bella semplificazione partitica,
con soli 5 partiti che avrebbero avuto accesso a Montecitorio a fronte dei 10
del Porcellum.
Diverso
il caso delle esperienze elettorali precedenti con il Mattarellum, quelle del 2001, del 1996 e del 1994, dove si
sarebbero tutte concluse con uno spaccato molto simile a quello che oggi
disegna l’Italicum – che in fin dei conti
sembra come un parente della riforma del ‘93 – ma che avrebbe visto tutte e
tre le volte concludersi la partita per l’esecutivo con un ballottaggio.
GIUDIZI
Malgrado
tutti, o quasi, vogliano la riforma elettorale, anche i non addetti ai lavori
ormai, capiscono le difficoltà politiche legate anche ad accordi ed esigenze di
parte, che ha chi si assume l’onere di mediare e scriverla la legge. A dispetto
di ciò, se analizziamo puramente i tecnicismi e gli obiettivi con cui viene
concepito l’Italicum, ovvero governabilità
e rappresentanza, diciamo che la
bozza non è male, ma che potrebbe essere fusa tra l’Italicum (la prima bozza) e l’Italicum 2.0, una
sorta di versione 1.5 o digitalmente parlando una 2.0.1. Tale affermazione
parte innanzi tutto dalla riflessione sul premio di maggioranza al partito e
non alla coalizione. Un azzardo, in un sistema di partiti debole come quello
italiano che in un ventennio ha visto cambiare tutti gli attori dell’emiciclo.
Un rischio che potrebbe accentuare il problema della frammentazione con
improvvisati cartelli elettorali che si sgretolerebbero all’indomani
dell’insediamento in aula con l’esponenziale moltiplicazione di partiti e
partitini. Pertanto, l’innalzamento della quota del premio da 37% al 40%
potrebbe essere opportuna, ma non è auspicabile che questa sia di lista, bensì
di coalizione, in questo modo si rafforza l’identità dei partiti, poi
surclassata alla forza dei leader nel ballottaggio. Malgrado l’obiettivo della
rappresentanza, se si sposta il premio dalla lista alla coalizione va alzato lo
sbarramento a non meno del 5%, per limitare la frammentazione, anche se non è
obbligatorio, mantenere i tre sbarramenti della prima bozza, dando indipendenza
alle liste. Infine la ripartizione in seggi. Opportuna l’introduzione delle
preferenze nel 70% nei collegi plurinominali, anche mantenendo l’agognato “diritto di tribuna” del 30% delle liste
bloccate, che garantisce l’elezione a personalità che non hanno l’appeal politico necessario per misurarsi
con la forza dei leader territoriali.
In
sostanza, nel complesso l’Italicum si presenta come un sistema elettorale da
non demonizzare, anche se vanno ancora definiti alcuni aspetti per un giudizio
tecnico. Nel frattempo, nella versione 2.0, si presenta come un riavvicinamento
al Mattarellum, (tanto amato dall’opinione pubblica e poco dai partiti) con
un’evoluzione che va verso un sistema che si ispira a garantire la
governabilità in un’ottica semi presidenzialistica.
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