domenica 25 novembre 2018

Marco Damilano e il suo “Atomo di verità” a Formia

da www.h24notizie.com

25 novembre 2018

di Simone Nardone

Si è svolto sabato pomeriggio, al teatro Remigio Paone di Formia, il profondo e intrigante incontro con l’autore del libro “Un atomo di verità”. Il testo, firmato da Marco Damilano direttore del settimanale L’Espresso, opinionista e scrittore, è un saggio sulla figura di Aldo Moro edito quest’anno (2018) da Feltrinelli. L’evento, invece, ha rappresentato l’inizio del percorso organizzato dai gruppi adulti di Azione Cattolica delle parrocchie della città dal titolo “GenerAzioni”.

Una scelta sicuramente azzeccata, perché sicuramente ha cercato di ‘generare’ quanto meno riflessioni profonde e non scontate. Riflessioni che, stimolate dalla giornalista Simona Gionta, avevano la figura di Moro, il suo modo di fare, di essere e di vivere la politica, al centro delle risposte dell’autore, ma non solo. Damilano, infatti, stimato soprattutto per le proprie riflessioni anche nei principali Talk Show televisivi e spesso nel salotto di Mentana su La7, ha più volte cercato di attualizzare le riflessioni, partendo dai tragici fatti di quel 16 marzo 1978 all’incrocio tra via Mario Fani e via Stresa toccando le vicende contemporanee, dal diverso modo di affrontare e vivere la politica, fino agli atteggiamenti di uomini di Stato.


“Moro iniziava la giornata pregando. Oggi i politici la iniziano in modo diverso. Pensate a Trump – ha spiegato Damilano – l’uomo più potente del mondo, che di solito la inizia prendendo in mano lo smartphone per discutere con qualcuno”.

Molti i temi trattati tra una lettura del suo libro e le domande proposte. Diverse volte, però, si è fermato sull’idea del popolo, non come concetto astratto, ma nell’utilizzo strumentale del termine da parte della politica contemporanea: “Anche in Italia è così, spesso nel tratto distintivo del potere che si giustifica dicendo che è dato dal popolo, senza renderci conto che nel popolo c’è anche chi non li ha votati. Il popolo – ha poi ripreso in un altro passaggio – non è un tutto. Il popolo è composto da tante singole persone. Chi fa politica non lo fa per il popolo ma in nome delle singole persone, specie le più deboli. La politica è la voce di quelle singole persone che hanno bisogno di sentirsi rappresentate”.

Parlando di popolo, Damilano ne ha anche approfittato per riflettere sull’aggregazione e di come è cambiato il modo di fare politica, partendo da una costante, quella di riempire e mobilitare le piazze. Per fare questo ragionamento ha citato sia alcune manifestazioni italiane che quella francese dei gilet gialli: “Oggi vediamo sempre più spesso piazze senza politica. Cioè senza una chiara richiesta politica che poi hanno ricadute sulla politica”. Perché questo, perché sempre usando l’esempio francese ha spiegato, “una politica senza dialogo e senza rappresentanza è debole, basti vedere Macron che un anno e mezzo fa veniva eletto in pompa magna sfruttando una richiesta di novità e oggi viene contestato in modo duro”.

Sempre rimanendo sul tema caro a Damilano, con quella fase politica finita con l’uccisione di Moro e “mai rimpiazzata” – come più volte ha spiegato – lo stesso Damilano spesso è tornato sull’attualità non additando i populismi come un male assoluto, ma addirittura ‘giustificandoli’. “I populismi – infatti ha precisato durante il suo intervento – hanno comunque le proprie ragioni, perché si infilano nei fallimenti della così detta politica tradizionale”. Allo stesso tempo, però, il direttore de L’Espresso ha spiegato che ci sono degli insegnamenti che gli attuali politici italiani potrebbero prendere dallo statista democristiano ucciso dalle Brigate Rosse: “Il dialogo, la possibilità di parlarsi tra avversari e che l’intelligenza è più forte della forza”.