E’ uscito da pochi giorni il primo libro scritto dal giovane giornalista e pubblicista Simone Nardone e approfittando di questo evento abbiamo avuto modo di intervistarlo.
1- Perché ha scelto proprio questo intrigante ma alquanto interessante titolo: “Dal Porcellum alla Terza Repubblica?”
Diciamo che è venuto quasi naturale. Il volume parte dall’approvazione del Porcellum nel dicembre del 2015 e arriva fino alle modifiche sistemiche e istituzionali dei giorni nostri, che potrebbero (il condizionale è d’obbligo), condurre verso la Terza Repubblica italiana. Forse il sottotitolo “Dieci anni di storia politico-elettorale dell’Italia dal 2005 al 2015” è di più facile comprensione, ma i titoli recitano la loro parte proprio perché sono ad impatto.
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2- Ci spieghi in modo conciso e altrettanto comprensibile cosa si intende per “Porcellum”?
Quando si parla di Porcellum si considera il sistema elettorale scaturito dall’approvazione della legge numero 270 del 2005, il quale si è applicato al meccanismo di trasformazione di voti in seggi parlamentari alle elezioni Politiche del 2006, 2008 e 2013. Oggi quel sistema non è più in vigore a seguito del pronunciamento della Corte Costituzionale del dicembre 2013 e l’approvazione del così detto Italicum, che entrerà in vigore a luglio 2016.
3- Qual è sostanzialmente il tema cardine intorno al quale ruota il suo libro? E Qualora ce ne siano diversi, può spiegarci quali siano essi?
Il tema, per quanto può apparire tecnico, è di facile comprensione per tutti. Tutto il contenuto del volume “Dal Porcellum alla Terza Repubblica” ruota attorno a come quel sistema elettorale, ha contribuito in soli otto anni e tre esperienze elettorali, a rivoluzionare il sistema politico italiano. In realtà il lavoro va oltre, parlando delle tante ipotesi di modifica della normativa, arrivata solo a seguito del pronunciamento della Corte Costituzionale. Infine arriva a parlare della Terza Repubblica. Oggi forse ancora aleatoria, ma che segna (attraverso alcune riforme chiave) un quasi certo passaggio verso un nuovo sistema politico e partitico italiano.
4- Perché ha deciso di scrivere proprio questo libro e affrontare queste delicate tematiche?
Io sono del parere che non siamo noi a decidere cosa scrivere, ma la nostra ispirazione detta le tematiche che noi affrontiamo. Personalmente ho lavorato ad intermittenza per diversi anni a questo volume e quando l’ho iniziato, ero preso dalle tematiche che avevo approfondito durante il lavoro sulla tesi di laurea. Ovviamente un libro non è una tesi e la mole di studio e lavoro è molto intensa e impone una riflessione più approfondita. Ma qualsiasi libro lo è se si vuole avere il coraggio di farlo con professionalità. Ora, ad esempio, sto lavorando ad altri progetti meno “tecnici”, ma il documentarsi e il trovare la giusta forma penso sia sempre alla base.
5- È soddisfatto del suo libro?
Assolutamente sì. Guai se non fosse così. Il problema è che questa stessa domanda andrebbe fatta ai lettori, più che all’autore. Però mi rendo conto che sarebbe complicato.
6- Quale sarebbe, secondo lei, l’ideale Terza Repubblica?
Questa è una bella domanda. Secondo me, non c’è un’ideale di “repubblica”. Esistono delle forme istituzionali più accattivanti e altre meno. Poi, però, c’è la questione dell’opportunità. Non si può applicare ad un Paese un sistema istituzionale di un altro, solo perché piace. Basterebbe una semplice analisi, per rendersi conto che probabilmente hanno troppe sfaccettature diverse. Il sistema istituzionale, politico e partitico è come un vestito con la difficoltà che sappiamo solo la taglia ma non possiamo provarlo prima di acquistarlo. Certo, io ho un’idea che mi intriga, e che parte dal presupposto che ormai siamo finiti in un sistema pluripolare che tende verso un premierato forte con la Presidenza della Repubblica pronta a colmare eventuali vuoti di potere. Ovvero salvaguardare la rappresentanza, evitando la frammentazione partitica e le difficoltà insite in un sistema proporzionale. In questo senso, il meccanismo (istituzionale e elettorale) del semi-presidenzialismo alla francese, è qualcosa che riadattato potrebbe funzionare anche nel nostro Paese. Ma temo che anche questa volta abbiamo perso l’occasione. Chissà, forse la Quarta Repubblica sarà la volta buona.