domenica 16 febbraio 2014

L’impeachment

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Scritto da Simone Nardone
  
Lunedì 03 Febbraio 2014 17:57
Anche se già sembra passata in secondo piano, nel caos politico di questi giorni c’è la notizia dei Cinque Stelle di mettere in stato d’accusa il Presidente della Repubblica. Un atto sconcertante? Non proprio considerando che è previsto dall’articolo 90 della Costituzione italiana, anche se si tratta di un caso limite. Come recita la Carta, “Il PdR non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”.

In questo caso specifico al Presidente Napolitano non viene contestato il reato di Alto Tradimento, bensì, viene ipotizzato quello di Attentato alla Costituzione. Già nel ’91 per l’allora Presidente Cossiga si aprì il dibattito mediatico del possibile impeachment, contestato oggi a Napolitano.

Nel documento formale consegnato in Senato dai Cinque Stelle, nelle motivazioni si contesta al Presidente, di aver “alterato i valori, i principi e le supreme norme della Costituzione repubblicana. Il compimento e l'omissione di atti e di fatti idonei ad impedire e a turbare l'attività degli organi costituzionali, imputabili ed ascrivibili all'operato del presidente della Repubblica in carica, ha determinato una modifica sostanziale della forma di stato e di governo della Repubblica italiana, delineata nella carta costituzionale vigente”.

Come giustamente ha sottolineato il Presidente Napolitano è giusto che la procedura prevista dalla Carta costituzionale faccia il suo corso. Allo stesso modo, è altrettanto vero che come precisato dal presidente del Senato Piero Grasso, si tratta di “un’ipotesi fantasiosa”.

Perché se è vero da un lato che la prassi, la consuetudine e l’interpretazione di diversi attori politici nel corso della storia repubblicana hanno di fatto modificato la vita democratica del nostro Paese, è altrettanto vero che il “peso” della carica ricoperta, lo assume e lo interpreta la persona che ne viene incaricata. Sulla base di quest’affermazione, è difficile, o quanto meno fantasioso ipotizzare che Napolitano possa essere messo realmente in stato d’accusa.

Certo, nel corso del tempo il sistema parlamentare italiano si è sempre più spostato, senza una vera riforma istituzionale verso un sistema semipresidenziale, dove premier e Presidente della Repubblica sono attori protagonisti a tratti concorrenziali tra loro. Ma è altrettanto vero che ciò è spesso accaduto non per un eccessivo attivismo da parte della più alta carica dello stato – nel nostro paese organo di garanzia e rappresentanza – bensì per assenza o debolezza di altri organi. In tal caso, di sicuro si può contestare a Napolitano qualche atto o qualche dichiarazione, ma arrivare allo stato di accusa, appare quanto meno “un’ipotesi fantasiosa”.