lunedì 27 gennaio 2014

Italicum alla prova dei fatti

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Scritto da Simone Nardone
  
Giovedì 23 Gennaio 2014 18:16
Italicum o Maialinum, questo il dilemma. La legge elettorale targata Renzi, ma dalla doppia podestà con Berlusconi, ancor prima di finire in Parlamento è già attaccata da tutti.

Non piace ai 5 Stelle che dalla rete indicono un referendum per una proposta del nuovo sistema. Non piace ai “piccoli” che siedono in Parlamento, vedi la Lega e Sel. Firmata da Alfano, non piace neppure al suo partito, che propone di “migliorarla”, perché “serve la pluricandidatura”. Non parliamo poi del Partito Democratico. A parte la segreteria, sono più quelli che non la condividono che quelli che sì. Lo stesso Berlusconi ne avrebbe fatto volentieri a meno. Il punto è: piace a qualcuno questa proposta di legge?

I tecnici e gli esperti, ancora non si pronunciano. Stanno a guardare quale sarà il testo definitivo, e, se la storia ci serve a rimembrare qualcosa, in molti guardano all’attuale bozza dell’Italicum, con interesse e curiosità da una parte e il terrore che quello che in molti giù hanno definito un “Porcellum rivisitato”, diventi a tutti gli effetti un Maialinum.

In linea di principio la bozza, non è male, almeno ad una prima lettura teorica, visto che il testo ancora non è entrato nei Palazzi legislativi. Molti contestano le mini-liste bloccate della Camera. I democratici non digeriscono il fatto che i forzisti abbiano messo il veto sulla preferenza. Eppure con la novità delle piccole circoscrizioni, anche se si parla ancora di “liste bloccate”, la situazione è decisamente diversa, perché malgrado il sistema sia un proporzionale alla spagnola, di fatto le piccole circoscrizioni fanno sì che si tratti di sistema che tende ad apparire come un maggioritario di coalizione con collegi plurinominali. L’impossibilità di effettuare candidature plurime in varie circoscrizioni di fatto lo fa apparire come un sistema proporzionale in linea con i sistemi similari in Europa. La propensione al bipolarismo, alla semplificazione e alla governabilità, con la possibilità di un doppio turno anti larghe intese accattiva l’opinione pubblica e i cittadini che sono stanchi di andare a votare spesso per non decidere quasi mai.

Il problema rimane il Senato e quell’imposizione costituzionale della “base regionale” per l’elezione. In questo modo la lista bloccata sarebbe simile al Porcellum. Un motivo in più, per molti per provvedere a quella riforma istituzionale della non eleggibilità dei senatori, facendo diventare la Camera Alta un organo consultivo e non legislativo.

Una bozza, dunque, che se analizzata nel merito e letta per come è stata presentata – ovvero non la riforma delle riforme, ma bensì come una legge necessaria anche se non perfetta – non sembra male. Il timore vero, però, è che il Parlamento che si propone come la garanzia della discussione e l’approvazione della legge già ribattezzata Renzi-Berlusconi, per via di veti incrociati e accordi di maggioranze governative da una parte e trasversali a “salvaguardia del bipolarismo” dall’altra, rischino per l’ennesima volta di imbruttire un sistema, che anche se non è bello a vedersi, non sembra neppure male. Certo, si potrebbe migliorare. Tante sono le idee, ancor più saranno gli emendamenti, dalla proposta di inserimento delle preferenze alla standardizzazione degli sbarramenti, fino al “sistemare” il meccanismo del Senato. Il tutto, nell’attesa di capire in via definitiva con quale latinismo ricorderemo – sempre se verrà approvata – la bozza elettorale di cui ormai parlano tutti gli organi di informazione.