domenica 8 marzo 2015

Italicum e governabilità, un falso d'autore

Foto da www.sky.it
Continuo a riguardare l’iter dell’Italicum, ponendo la lente d’ingrandimento sulle modifiche, azzardando anche un plauso alle migliorie apportate, dal suo concepimento all’approvazione in Senato. Continuo a scandagliare soglie di sbarramento, premi di maggioranza e obiettivi e congetture che hanno portato il legislatore ad accelerare sul così detto Italicum 2.0, e sono sincero, non è male, mi sembra un buon sistema, ma forse si è lavorato con il freno a mano tirato; credo si possa fare ancora di più.

Da felice promotore del sistema bipolare, e maggioritarista convinto, credo che parlare di sistema che garantista la governabilità sia una vera presa in giro per i cittadini. E’ ovvio, per chi conosce un minimo la nostra Costituzione e il nostro impianto istituzionale, che non si può pensare che un sistema elettorale sia in grado di garantire la governabilità, a maggior ragione se ha un impianto prettamente proporzionale; premio di maggioranza e ballottaggio a parte. Lo affermo con il cuore il mano, non si può dire che visto il premio di maggioranza (assegnato alla lista e non più alla coalizione), a chi ottiene più del 40% dei voti o in caso questa soglia non ci sia, a chi vince al ballottaggio, basti a garantire la governabilità.

Siamo il Paese dove l’introduzione del Mattarellum ha visto moltiplicare i partiti politici per strategie elettorali, e dove il Porcellum ha visto mettere nella stessa coalizione e a tratti sotto lo stesso stemma esperienze politiche non affini, con il solo obiettivo di superare le soglie necessarie per entrare in Parlamento o ottenere i premi di maggioranza. Cosa ci garantirebbe, quindi, che per semplici strategie elettorali, partiti, liste o movimenti più o meno politicamente vicini, non costruiscano un cartello elettorale che poi si sgretolerebbe in diversi gruppi parlamentari il giorno successivo al voto? Ancor più assurdo è sentir parlare di eventuali e paralleli iter di riforme costituzionali che vedranno, tra l’altro, la modifica dei regolamenti parlamentari - tematiche di rango costituzionale - che dovrebbero portare a “obbligare” gli eletti a non poter cambiare casacca una volta entrati in Parlamento. Per fare ciò, però, bisognerebbe modificare l’articolo 67 della Costituzione che esplicita che ogni parlamentare eserciti le sue funzioni “senza vincolo di mandato”. Principio, personalmente, non credo sia opportuno “barattare” in un sistema parlamentare, per avere una garanzia di governabilità, che forse, ma dico forse, si potrebbe raggiungere in altro modo.

Bisogna osare di più. Bisogna pensare di poter rivedere l’assetto istituzionale del nostro Paese. Non serve passare in modo quasi consuetudinario verso un sistema di “premierato forte”, cosa che tra l’altro sta già avvenendo dall’inizio della Seconda Repubblica. Penso che se i rappresentanti delle istituzioni stanno avendo il coraggio di pensare a riforme storiche quali quella dell’abolizione del Senato elettivo con la fine del bicameralismo perfetto, perché non si può pensare, e aggiungerei preparare cittadini e istituzioni, alla riforma del sistema in chiave semi-presidenziale? Un sistema, quello sì che potrebbe garantire la governabilità, dove il cittadino definisce non in senso “indiretto”, ma bensì “diretto” l’indicazione del colore politico del governo, oltre a quello della maggioranza parlamentare.