lunedì 23 marzo 2015

Etica, dimissioni e garantismi

L’etica nella politica italiana sembra scomparsa da tempo. Tenevo un incontro in un liceo, un paio di anni fa con pochi studenti che avevano il coraggio di voler passare un’oretta della loro autogestione a confrontarsi sul cos’era l’etica nella politica, quasi fosse un mostro sacro ovviamente deceduto insieme a Tangentopoli e alla Prima Repubblica.

In realtà l’etica penso sia legata al concetto di rispetto, un rispetto prima ancora che verso il popolo, verso gli elettori, verso coloro che – passatemi il termine – sono “sudditi” del potere, va rivolto prima proprio alle istituzioni che si rappresenta. L’uomo può sempre pagare il peso di una vergogna, di una sconfitta, di un fallimento, l’istituzione no.

Perché questo? perché l’istituzione, in un sistema di potere democratico sano, dovrebbe rappresentare il più alto livello della vita sociale, che attraverso la funzione politica, legittima oggi l’uno, domani l’altro a prendere delle decisioni – spesso scomode – per il bene generale e non personale.

Pertanto, che ben vengano le dimissioni del Ministro Lupi, a cui va il mio semplice cenno di condivisione della scelta fatta. Non è l’essere indagato l’atto che sancisce il momento di alzare i tacchi e andarsene. Le dimissioni, dovrebbero arrivare, per rispetto delle istituzioni, in qualsiasi momento queste rischino di essere infangate dall’operato dei singoli o dalle accuse mosse contro di loro. Difficile pensare, che chi venga indagato, per qualsiasi reato, riesca a discernere l’operato politico da quello istituzionale, laddove entra nelle aule dei tribunali per difendersi dalle accuse e poi uscendo e proporre atti governativi per il bene del Paese. Il sistema garantista non passa attraverso una condanna mediatica, ma al contrario, come si affermava una volta, le dimissioni dovrebbero essere l’atto formale che libera l’istituzione dal coinvolgimento personale di chi viene chiamato in causa, che ha il sacrosanto diritto di lottare per la sua innocenza, che qualora venga ottenuta può spendere politicamente per un nuovo incarico o una nuova elezione.

Alla fine dei conti, se i nostri partner europei, si dimettono, per una multa presa, per una tesi di laurea in parte copiata su internet o per un film a luci rosse affittato con i soldi governativi, forse le accuse – che sono da verificare, e che lasciano innocente chiunque fino a condanna definitiva, ma che entrano in procedimenti giudiziari – quali presunti rimborsi gonfiati a partiti e gruppi consiliari, abuso di ufficio e accuse di influenza politica sui mezzi di informazione, forse, e dico forse, mettono in evidenza che l’etica in politica, nel nostro Paese non c’è, o forse è andata in vacanza.