L’epoca
delle Riforme istituzionali è
arrivata. Salvo particolari contingenze politiche, il governo Renzi, approverà nei prossimi mesi la riforma che cambierà
volto al funzionamento del sistema politico italiano. Con ogni probabilità,
decadrà il bicameralismo perfetto e a fare le spese del cambio del sistema sarà
il Senato. La Camera Alta del nostro sistema finirà per essere consultiva o
comunque rilegata a poteri limitati a particolari iniziative e temi come la
riforma costituzionale.
Come
ogni volta che ci si appresta ad un vero cambio di rotta lo stesso sistema
tende a difendersi e a non volere il cambiamento. Malgrado ciò, la “rivoluzione”, forse mai come oggi è
dietro l’angolo e la ponderazione con cui ci si arriva non è delle peggiori.
Perché dopo tutto la navetta istituzionale tra Camera e Senato non regge più in
una fase storica dove le rivoluzioni sono digitali ed avvengono a ritmo di
click e l’economia varia a seconda di notizie e fattori giornalieri. In questo
il nostro sistema decisionale è ancorato ad una fase di stallo, e và per forza
di cose riportato al passo con i tempi. Malgrado ciò, sopprimere la più alta
delle due camere sarebbe un errore, poiché non sarebbe in linea con l’idea dei
padri costituenti e dell’idea del garantismo
istituzionale – in questo caso –
a cui ambivano. L’idea di mantenere in vita il Senato con compiti e mansioni precise e delicati e consultivi sarebbe
il giusto compromesso che riporterebbe il nostro Paese in linea con i maggiori
sistemi istituzionali occidentali.
Si può migliorare? Certo, tutto è sempre migliorabile. Per
di più è sempre meglio il dialogo alla fretta e alla fattività. Allo stesso
tempo, è vero che mentre l’Italia ha un disperato
bisogno di riforme, gli elettori hanno bisogno di certezze e non di chiacchiere.
In questo senso, porre un limite alle trattative garantirebbe una chiarezza
opportuna. Insomma, la riforma và fatta, in tempi brevi, su questa linea
direttrice e possibilmente in uno spirito di condivisione.