sabato 2 agosto 2014

Senato, No grazie

L’epoca delle Riforme istituzionali è arrivata. Salvo particolari contingenze politiche, il governo Renzi, approverà nei prossimi mesi la riforma che cambierà volto al funzionamento del sistema politico italiano. Con ogni probabilità, decadrà il bicameralismo perfetto e a fare le spese del cambio del sistema sarà il Senato. La Camera Alta del nostro sistema finirà per essere consultiva o comunque rilegata a poteri limitati a particolari iniziative e temi come la riforma costituzionale.

Come ogni volta che ci si appresta ad un vero cambio di rotta lo stesso sistema tende a difendersi e a non volere il cambiamento. Malgrado ciò, la “rivoluzione”, forse mai come oggi è dietro l’angolo e la ponderazione con cui ci si arriva non è delle peggiori.
Perché dopo tutto la navetta istituzionale tra Camera e Senato non regge più in una fase storica dove le rivoluzioni sono digitali ed avvengono a ritmo di click e l’economia varia a seconda di notizie e fattori giornalieri. In questo il nostro sistema decisionale è ancorato ad una fase di stallo, e và per forza di cose riportato al passo con i tempi. Malgrado ciò, sopprimere la più alta delle due camere sarebbe un errore, poiché non sarebbe in linea con l’idea dei padri costituenti e dell’idea del garantismo istituzionalein questo caso – a cui ambivano. L’idea di mantenere in vita il Senato con compiti e mansioni precise e delicati e consultivi sarebbe il giusto compromesso che riporterebbe il nostro Paese in linea con i maggiori sistemi istituzionali occidentali.

Si può migliorare? Certo, tutto è sempre migliorabile. Per di più è sempre meglio il dialogo alla fretta e alla fattività. Allo stesso tempo, è vero che mentre l’Italia ha un disperato bisogno di riforme, gli elettori hanno bisogno di certezze e non di chiacchiere. In questo senso, porre un limite alle trattative garantirebbe una chiarezza opportuna. Insomma, la riforma và fatta, in tempi brevi, su questa linea direttrice e possibilmente in uno spirito di condivisione.