mercoledì 22 novembre 2023

Giù le mani da Sinner



È oggettivamente bello sentire solo accostare il peso di nomi che hanno segnato un'epoca del proprio sport come Valentino Rosso o Alberto Tomba, o ancora Marco Pantani, al tennis. Sì, perché la nobile disciplina della racchetta è tutt'oggi in Italia seguita poco e apprezzato ancora meno, seppur i grandi degli ultimi anni come Federer, Nadal e Djokovic hanno fatto superare campanilismi e arrivare la potenza di questo sport anche a chi non l'ha mai praticato.

Tranne la parentesi di Panatta vincitore a Roma e a Parigi, la storica Coppa Davis del 1976 e qualche acuto con i big, o il recente e festoso passato con Matteo Berrettini finalista a Wimbledon o qualche bella vittoria anche in campo femminile, abbiamo sempre visto i dominatori del periodo storico, almeno 2-3 spanne sopra i nostri migliori atleti.

In questi giorni l'Italia ha scoperto, in Italia un italiano che sa giocare a tennis, e in che modo, verrebbe da aggiungere, e con che stile. Quello che ho scritto non è frutto di ripetizioni ma di rafforzativi, perché davvero non se ne può più di un'ignoranza tale che scredita la nazionalità di un individuo dall'accento straniero, dal nome francofono, dal cognome di chiara derivazione austriaca o ancora di una residenza non nel bel paese.

Nessuno però parla dell'emozione che lui stesso ha ammesso di provare vestendo la maglia azzurra, inneggiato ai cori da stadio a Torino, o di qualsiasi sostegno italiano sui campi di tutti il mondo. Ma questo, dopotutto, è figlio di quella tradizione che tende a escludere anziché includere e a disegnare un identikit di chi è italiano e chi no, di come è fatto o cosa sa fare un cittadino di una nazionalità. Roba da altri periodi storici che al posto che cancellare, rispolveriamo di tanto in tanto.

Faccio questa riflessione non solo perché è stato emozionante vedere un ragazzino di 22 anni battere con testa, gambe e cuore il numero 1 al mondo e uno dei più grandi di sempre di questo sport, e sicuramente il più titolato. Ma soprattutto perché quel ragazzo, ormai uomo, numero 4 al mondo per punteggio, ma ormai al pari dei big, anche se ha perso la finale di Torino, sarà in campo da domani con la maglia dell'Italia.

Personalmente, scrivo per chi ancora non ha compreso tra i "15" dei punteggi tennistici che abbiamo dinanzi un diamante che va preservato e coccolato, perché tanto darà allo sport nazionale e a quello internazionale negli anni a venire. Inoltre, seppur il tennis è tendenzialmente uno sport individuale, o comunque fatto di invidualità, la famosa Coppa Davis, la si gioca per nazioni (e a squadre) e se per caso dovessimo vincere qualcosa non vorrei assistere al solito salto sul carro dei vincitori.

Jannik Sinner è patrimonio del tennis, dello sport e soprattutto dell'Italia. Guai a dire il contrario: solo uno stolto potrebbe solo pensare questo.