domenica 17 maggio 2020

La Chiesa di Gaeta sostiene la proposta di regolarizzazione degli immigrati in Italia

 Avvenire - Lazio Sette

L’epoca del Covid-19 verrà sicuramente ricordata come un tempo di grandi sfide. Sfide che oggi si pongono dinanzi a noi singolarmente e come comunità e che solo al termine di questo periodo, riusciremo a comprendere se saranno state affrontate adeguatamente o meno. Tra queste, c’è sicuramente quella di ridare dignità e garanzie a persone che spesso vengono semplicemente considerati con il termine di “immigrati”. In questo la Chiesa sta chiedendo passi importanti alle istituzioni. Anche l’Arcidiocesi di Gaeta e Libera Sud Pontino presidio don Cesare Boschin, sostengono la proposta di regolarizzazione degli immigrati che lavorano nel nostro Paese aiutando le nostre famiglie, raccogliendo i prodotti della terra e, più in generale, contribuendo al benessere di noi tutti. <La proposta – si legge nella nota – non riguarda solo il tema del lavoro, ma va sostenuta innanzitutto in nome del principio di umanità sancito dalla Costituzione italiana che, all’articolo 2, afferma: <La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo>. La regolarizzazione, infatti, è necessaria anche per questioni di sicurezza sanitaria. L’occasione del poter garantire la sicurezza anche in ambito sanitario potrebbe essere l’opportunità per ridare dignità a coloro che non ce l’hanno neppure in ambito lavorativo. Una garanzia che apparentemente riguarda “loro”, quelli che spesso consideriamo “ultimi”, dimenticando che sono nostri fratelli, e non figli di un dio minore. 

Va ricordato, infatti, che ce lo impone la nostra fede nel Vangelo: <Beati i poveri, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, beati i misericordiosi, beati i perseguitati a causa della giustizia> (cfr. Mt 5,3-12). <Nell’esperienza della pandemia – spiegano l’Arcidiocesi e Libera – abbiamo compreso come non ci siano confini o steccati che possono ostacolare il percorso dei virus, siamo tutti nella stessa tempesta>. Inutile ricordare le parole di papa Francesco del 27 marzo scorso, quando riguardo la situazione emergenziale che stiamo vivendo, ha ricordato come siamo <sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti>. 

Gli immigrati non regolari in Italia sono troppo spesso sfruttati, marginalizzati e spinti a diventare manovalanza per gruppi criminali per poter sopravvivere. <A partire dai più fragili e vulnerabili – proseguono nella nota – vogliamo remare insieme, chiedendo la regolarizzazione per contribuire a costruire insieme una società basata sulla giustizia e sul rispetto della dignità di ogni singola persona. Le aperture di questi giorni circa l’ipotesi di regolarizzazione sono incoraggianti, Pertanto – concludono – chiediamo che la regolarizzazione temporanea di immigrati, possa tradursi in un permesso di soggiorno che dia loro la possibilità di risiedere legittimamente e stabilmente nel Paese>.