Il mondo, anzi l’occidente come sempre, guarda con preoccupazione alle crisi politiche e ai risvolti totalitari e fondamentalisti in Africa e in Medio Oriente. La Cina, ormai uno dei principali attori economici mondiali crolla sui mercati finanziari portandosi appresso le borse di mezzo mondo. Gli Stati Uniti d’America, tentano di ritrovare un ruolo predominante nello scacchiere politico mondiale, da giocarsi con la Russia di un dinamicissimo Putin. In questo clima, arriva lo notizia dell’esperimento nucleare condotto in Corea del Nord. Vero o falso? Poco importa, la verità è che in una situazione tutt’altro che stabile sul piano geopolitico, c’è chi come il governo di Pyongyang, è riuscito a spostare l’attenzione del mondo dal terrorismo islamico e la schizofrenia nelle borse, alla presunta neo potenza nucleare asiatica.
Un punto di svolta che suona sempre le corde della sicurezza. Così mentre l’Europa continua ad interrogarsi sulla stabilità territoriale, presumibilmente compromettibile dall’ondata migratoria del Mediterraneo che continua a non arrestarsi; Obama utilizza i suoi poteri esecutivi a suon di lacrime di commozione per limitare la vendita di armi persino ai mercati rionali. I governi, ognuno a loro modo, continuano a tentare una legittimazione basata sulla sicurezza e la paura insita nei cittadini. La stessa carta che ha deciso di giocare in politica estera il Capo di stato nord coreano Kim Jong Un. Il tentativo, probabilmente, è quello di spaventare il resto del mondo. O meglio intimidirlo agli occhi di un esperimento nucleare. Le possibili nuove sanzioni a Pyongyang da parte dell’Onu, giocherebbero paradossalmente ancora a favore del regime poiché un popolo sottomesso non ha comunque la possibilità di ribellarsi, neppure alla luce di una dittatura cruenta come quella coreana.
La verità, è che malgrado la follia dispotica di alcuni tiranni e di presunti uomini di Stato, il novecento ci ha insegnato che sganciare un’arma atomica significa azzerare la vita in un determinato territorio. E se da un lato questo ha prodotto la lungimirante forza di non sganciarne altre per settant’anni, dall’altra la semplice possibilità che ciò possa accadere fa paura al mondo intero. Un mondo sempre più globalizzato nel bene o nel male. Così ogni volta che mi trovo a commentare fatti politici e geopolitici che affondano le proprie radici nel famoso binomio in antitesi tra paura e speranza, mi viene in mente una frase dell’allora senatore del Maine Ed Muskie, che prima delle elezioni del 1970, così come riporta dettagliatamente Al Gore nel suo libro “Assalto alla ragione”, affermava: “Esistono soltanto due tipi di politica: non la politica radicale e la politica reazionaria o la politica liberale e la politica conservatrice, o la politica democratica e la politica repubblicana. Esistono soltanto la politica della paura e la politica della fiducia. La politica della paura dice che siamo circondati da pericoli mostruosi e ci esorta a rinunciare a parte della nostra libertà in cambio di protezione. La politica della fiducia dice che il mondo è un luogo insidioso e sconvolgente, ma può essere modellato dalla volontà dell’uomo”.