| Scritto da Simone Nardone |
| Venerdì 20 Settembre 2013 |
Un bellissimo libro edito da Garzanti del 2008 e a firma di Rodolfo Brancoli titolava:“Fine corsa. Le sinistre italiane dal governo al suicidio”.
Nel suo saggio, lo strettissimo e altrettanto poco noto collaboratore di Romano Prodi negli anni di Palazzo Chigi, raccontava l’ultima esperienza dell’esecutivo del professore (dal governo), fino alla caduta di esso, e alla bruciante ma inevitabile sconfitta elettorale del 2008 (al suicidio).
E’ sempre curioso riprendere un libro perché ti dà nelle mani la grandezza di un lavoro fatto in un tempo ben preciso. Pensate se Brancoli prendesse carta e penna e scrivesse il sequel, con ogni probabilità ne uscirebbe fuori un film horror. Perché il collaboratore di Prodi, nonché ex corrispondente di Corriere della Sera e Repubblica parlava di suicidio senza aver visto di cosa era capace l’intera sinistra, con Bersani capofila con la bandiera in mano a trainare tutti verso la lavanderia dei giaguari. Parlava di suicidio senza conoscere la più grande sconfitta politica nel vedere perdere un’elezione già vinta, rompere una coalizione, non essere capace di imporre un Capo dello Stato e soprattutto allearsi con il nemico storico “Berlusconi”.
Così dopo il suicidio c’è l’occultamento di cadavere. Di solito ciò avviene dopo un omicidio, ma siccome quegli strani individui della sinistra, quelli che i bambini non se li mangiavano ma che a furia di sentirselo dire quasi ci hanno creduto, non rendendosi conto del primo suicidio hanno pensato bene di proporsi per altre strategie davvero vincenti che essendo talmente geniali ci fanno essere l’unico grande paese dell’Europa occidentale a non aver visto a capo del governo un esponente politico proveniente dalla tradizione “socialista” o “post comunista”, (parentesi di D’Alema a parte che però non è stato eletto bensì subentrò a Prodi dopo il primo “suicidio” del ‘98).
Perché, Berlusconi a parte, adesso si ricomincia. E poco c’entra se i “giovani turchi” i “rottamatori renziani” o gli Unni di Attila puntino alla scalata del Pd e del centrosinistra, poiché checché se ne dica quell’area politica italiana è morta. E’ morta nella storia, orfana della figura insostituita di Enrico Berlinguer da una parte e di quella irricevibile di Craxi dall’altra. E’ morta, suicidata, uccisa o abbattuta, prima che da Prodi, da Veltroni da Mastella o dai vari attori politici della Seconda Repubblica, dalla caduta del muro di Berlino, quasi che il trasformismo dei partiti potesse mascherare il fallimento ideologico di un ideale.
Eppure, anche se nei detti popolari si afferma che “solo alla morte non c’è rimedio”, in politica c’è sempre l’opzione di resuscitare, cambiando probabilmente registro e attori, ed evitando, se è ancora possibile l’ennesimo inesorabile suicidio.
*riproduzione riservata*
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domenica 29 settembre 2013
Il suicidio della sinistra
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