Si è svolto nei giorni scorsi presso la sala del Castello Baronale l’incontro tra i quattro candidati a sindaco – Maria Civita Paparello, Dante Mastromanno, Salvatore De Meo e Franco Cardinale – e l’associazione dei geometri. Tema centrale dell’incontro l’eterno dibattito tra la necessità di un nuovo piano regolatore o il ricorrere a varianti urbanistiche. Importante la posizione di tutti e quattro i candidati, i quali concordano sulla necessità di un nuovo Prg per ridisegnare lo sviluppo urbanistico della città di Fondi. In particolar modo la Paparello parla di: “Snellire le procedure per il rilascio di autorizzazioni, attraverso una regolamentazione preciso e trasparente.” Cardinale, invece dal canto suo punta a un: “Ripristino della Commissione Edilizia Comunale e del relativo Regolamento”. Mastromanno, va più sul concreto accusando: “Non si può parlare di costruzioni per l'aggregazione e la vita sociale quando manca l'illuminazione, a volte strade sicure, addirittura in certi casi l'acqua”. Infine De Meo, ex assessore all’Urbanistica, afferma: “Va combattuto l'abusivismo e dovremo occuparci seriamente di viabilità rurale ma allo stesso tempo di ciò che è in progetto, come una metro leggera che possa finalmente unire centro e periferia”. Fatto sta che gli abitanti delle nuove aree, come la zona delle Spinete e delle varie traverse di via Madonna delle Grazie, sono abbastanza seccati dal dibattito che continua a produrre un costante “nulla di fatto”. Proprio su questo la candidata del centro-sinistra insiste dicendo che “le Spinete sono un quartiere dormitorio, in cui mancano i servizi primari”. Infatti, i disservizi in tali zone continuano ad essere numerosi. Ci sono ancora svariate abitazioni che nonostante siano state costruite in piena regola non godono del sistema fognario, come ad esempio le costruzioni in via Svizzera. In tante altre strade, invece, è paradossale come siano state costruite case senza pensare ai collegamenti. Tant’è che la maggior parte delle traverse delle Spinete e di via Madonna delle Grazie sono strade senza uscita, perché la via termina con un’abitazione o semplicemente non si collega a traverse corrispondenti – anch’esse senza uscita – distanti poche decine di metri. Assurdo anche come in altre strade si è prima fatto costruire in modo selvaggio tralasciando i servizi. Questo è il caso ad esempio di via Emilia, dove la carreggiata e poco più ampia della stazza di un’utilitaria, e dove il doppio senso di marcia non fa di certo migliorare la situazione della viabilità. Il tutto senza considerare le condizioni dell’asfalto che in queste zone assomiglia a quello di un territorio del terzo mondo, con buche che con il passare del tempo si trasformano in voragini. Una condizione che gli abitanti non riescono più a tollerare, specie dopo che al temine di anni di battaglie e di richieste hanno ottenuto come unica risposta concreta un cartello a inizio strada che segnala un pericolo e un limite di velocità di 30 Km/h.
Simone Nardone
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