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sabato 20 gennaio 2024

UN FULMINE NEL VENTO

LO IMMAGINO


Il 15 agosto è rosso sul calendario in gran parte dell’Occidente e in buona parte del mondo per motivi diversi e, molto spesso, anche i giorni precedenti e successivi sono legati al clima di festa.


Per questo, il 16 agosto del 2009, trovandomi a Berlino, mi sembrò doveroso celebrare un grande evento sportivo: i mondiali di atletica leggera.

La fortuna aveva voluto che all’Olympiastadion, tra gli oltre 70 mila spettatori, trovassi posto non lontano dalla pista.

L’attesa, in quella serata mite e secca, era soprattutto per la gran finale dei 100 metri piani. In gara c’era lui, il re di tutti i tempi, quel fulmine di Usain Bolt.

Il giamaicano, già con tantissime medaglie al collo, cercava solo conferme e la costante voglia di superarsi.

Non avevo mai visto una corsa di velocità di atletica dal vivo, ma mi era capitato di assistere a delle gare automobilistiche. In quel caso il rombo dei motori era predominante, ma quando Bolt staccò dai blocchi e si involò diversi metri avanti a tutti gli altri, il silenzio calò sullo stadio attonito. Al taglio del traguardo, prima che il display illuminasse quell’inumano tempo di 9 secondi e 58 centesimi, un vento sbatté sulle nostre facce che eravamo a bordo pista come il risucchio di un treno in corsa.

Bolt era raggiante, lo stadio in delirio, tutti increduli di quello che aveva fatto, mentre il vento che aveva smosso con quel passaggio a quasi 45 chilometri orari non accennava a fermarsi. Sembrava che dopo quella corsa, anche gli dei dello sport fossero scesi dall’Olimpo per applaudirlo.

Simone Nardone